LA PIÙ BELLA SERATA DELLA MIA VITA
Sog.: dal romanzo La panne di Friedrich Dürrenmatt. Scen.: Sergio Amidei, Ettore Scola. F.: Claudio Cirillo. M.: Raimondo Crociani, Loredana Cruciani. Mus.: Armando Trovajoli. Int.: Alberto Sordi (Alfredo Rossi), Michel Simon (Zorn, il procuratore), Pierre Brasseur (conte La Brunetière), Charles Vanel (Dutz, il giudice- presidente), Claude Dauphin (Buisson, il cancelliere), Janet Agren (Simonetta), Giuseppe Ma oli (Pilet), Dieter Ballmann (meccanico), Hans Ballmann (meccanico). Prod.: Dino De Laurentiis per Produzioni De Laurentiis International Manufacturing Company, Columbia Films DCP. D.: 106’.
Scheda Film
All’inizio degli anni Settanta alcuni film etichettati come ‘commedia all’italiana’ rivelarono un’asprezza più acuminata nel delineare la degenerazione della borghesia nostrana. Nell’arco di poco più di un anno escono Roma bene (1971) di Lizzani, quadro impietoso di industriali e aristocratici, In nome del popolo italiano (1971) di Risi, dove un imprenditore corruttore è assediato da un giudice, e La più bella serata della mia vita (1972) di Ettore Scola, dove un magistrale Alberto Sordi è Alfredo Rossi, commerciante romano di tessuti residente a Milano, che, in viaggio a Lugano per depositare illegalmente i suoi soldi, insegue una bella centaura e precipita in una trappola surreale. Infatti si ferma in un castello nei boschi svizzeri, dove quattro anziani magistrati lo processano nel corso di una cena sontuosa che sembra un gioco ma si conclude in modo imprevedibile.
Scola e lo sceneggiatore Sergio Amidei si ispirarono a un bellissimo racconto di Friedrich Dürrenmatt, La panne (1956), adattando la sionomia del protagonista – incarnazione di un cinismo triviale – a un ordinario ‘mostro’ italiano così narcisista e compre- so nella propria sfacciata impunità da compiacersi di essere descritto come
un criminale. Scola e Amidei modificarono alcuni elementi del racconto, traducendo magnificamente anche nel film il crescendo inquisitorio che denuda i misfatti commessi dall’uomo medio, grazie al sarcasmo tagliente dei dialoghi, all’inquietante atmosfera del castello, ai ra nati cromatismi rossi e scuri della fotografia di Claudio Cirillo, alle scenografie di Luciano Ricceri e ai quattro Stradivari che circondano Sordi, tutti venerabili vegliardi del cinema francese: il rabelaisiano Michel Simon, il gelido Claude Dauphin, il sornione Charles Vanel e il volpino Pierre Brasseur, morto improvvisamente al termine delle riprese. Sottovalutato dalla critica e dal pubblico al momento dell’uscita natalizia, introvabile per quarant’anni, il film inaugura una nuova fase nel cinema di Scola che, per la prima, volta si ispira ad un testo letterario e privilegia la claustrofobia come dimensione narrativa. È anche un film significativo nella collaborazione fra Sordi e Scola (iniziata negli anni Cinquanta, quando il secondo era uno sceneggiatore), approfondendo quei lineamenti di viltà e opportunismo già presenti nell’editore Di Salvio di Riusciranno i nostri eroi… (1968), con in più una tinta di crudeltà che ritroveremo in Come una regina (episodio di I nuovi mostri, 1977) e nel discontinuo Romanzo di un giovane povero (1995).
Impossibile non vedere nell’imprenditore lombardo che porta i suoi soldi di nascosto in Svizzera il futuro Presidente del Consiglio che proprio in quegli anni muoveva i suoi primi passi da imprenditore.
Roberto Chiesi
Restaurato in 2K da Sony Pictures presso Colorworks. L’originale 35mm è stato scansionato a 4K presso Colorworks. Le operazioni di restauro volte a correggere i danni dell’immagine sono state eseguite presso Prasad Group in India, il restauro sonoro presso Chace Audio by Deluxe. Color correction e DCP sono stati eseguiti presso Colorworks