La Grande Illusion
T. it.: La grande illusione. Scen., Dial.: Jean Renoir, Charles Spaak. F.: Christian Matras. Mo.: Marguerite Renoir. Scgf.: Eugène Lourié. Mu.: Joseph Kosma. Su.: Joseph De Bretagne. Int.: Jean Gabin (tenente Maréchal), Dita Parlo (Elsa), Pierre Fresnay (capitano Boeldieu), Erich von Stroheim (capitano von Rauffenstein), Marcel Dalio (tenente Rosenthal), Julien Carette (Cartier), Jacques Becker (ufficiale inglese), Georges Péclet (il fabbro), Werner Florian (sergente Arthur), Jean Dasté (il maestro), Sylvain Itkine (tenente Demolder), Gaston Modot (l’ingegnere). Prod.: Réalisation d’Art Cinématographique (R.A.C.) Pri. pro.: 4 giugno 1937 DCP. D.: 114’. Bn.
Scheda Film
È il realismo ad aver mantenuto La grande illusione eternamente giovane. Realismo ulteriormente sottolineato dall’uso di lingue differenti. Ben prima del neorealismo, Renoir fonda il suo film sull’autenticità dei rapporti umani attraverso il linguaggio. Questo è tanto più vero per i ruoli di secondo piano (come i prigionieri inglesi o le guardie tedesche, le cui silhouette sono disegnate con straordinaria umanità) che non per i personaggi principali che, senza mai diventare simbolici, risentono comunque delle esigenze drammatiche della sceneggiatura. Bisogna parlare d’invenzione e non di una semplice riproduzione documentaria. Realismo anche delle riprese, che non disgiungono mai il centro d’interesse drammatico dal quadro generale in cui è inserito.
André Bazin, Réalisme et génie de Renoir, “Radio-Cinéma-Télévision”, n. 459, 2 novembre 1958
Il negativo originale di La Grande illusion occupa un ruolo centrale nella storia delle collezioni della Cinémathèque de Toulouse. Innanzitutto perché si tratta di un’opera essenziale del patrimonio cinematografico mondiale, profondamente europea nella sua tematica, e dell’unico film, insieme a French Cancan, che valse a Jean Renoir un successo allo stesso tempo di critica e di pubblico. Ma l’itinerario seguito da questo negativo, al termine del quale è giunto alla Cinémathèque de Toulouse, illustra sia le incognite della conservazione sia la relazione particolare fra questo archivio e la Russia. Quando il Gosfilmofond scelse di donare alla Cinémathèque de Toulouse il negativo originale nitrato del film, fu un gesto che intervenne nel quadro di una collaborazione inaugurata dai due archivi alla metà degli anni Sessanta, e che in seguito non ha fatto che rafforzarsi. Raymond Borde, fondatore della Cinémathèque de Toulouse, decise infatti, dalla sua adesione alla Fédération Internationale des Archives du Film (FIAF) nel 1965, di entrare in contatto con il suo omologo a Mosca, prima Viktor Privato, poi Vladimir Dmitriev. Vide così la luce una collaborazione eccezionale, basata sulla fiducia, la passione per il cinema e la stessa concezione di archivio cinematografico. Scambi di informazioni, di documenti e di esperienze, è dunque in questo quadro che il negativo originale del film di Jean Renoir entrò nelle collezioni della Cinémathèque de Toulouse. Ma dove e in quali condizioni il Gosfilmofond, fondato ufficialmente nel 1948, aveva ritrovato questo prezioso materiale, che Jean Renoir cercò invano per tutta la vita? Nel 1945, quando l’Armata Rossa entrò a Berlino, aveva preso come trofei di guerra un certo numero di opere d’arte e in particolare alcune pellicole conservate dal Reichsfilmarchiv. Questi ‘film-trofei’, come li chiamarono i sovietici, furono portati in Unione Sovietica in quantità talmente cospicua che divennero uno degli elementi determinanti nella costituzione del Gosfilmofond. Fra questi, in mezzo a titoli statunitensi, tedeschi, francesi – negativi, materiali intermedi, positivi vari – si trovava il negativo originale di La grande illusione che i tedeschi stessi avevano preso a Parigi nel 1940 e portato a Berlino. Parigi-Berlino-Mosca-Tolosa: l’incredibile viaggio effettuato da questo negativo in una quarantina d’anni ricorda certo che il cinema ha sempre rappresentato una posta politica importante. Ma mostra soprattutto che la collaborazione internazionale è indispensabile al lavoro sotterraneo condotto dagli archivi per salvare i film.
Natacha Laurent, Cinémathèque de Toulouse