LA CITTÀ DOLENTE

Mario Bonnard

Sog.: Mario Bonnard; Scen.: Anton Giulio Majano, Aldo De Benedetti, Federico Fellini, Mario Bonnard; F.: Tonino Delli Colli; Mo.: Giulia Fontana; Scgf.: Mario Rappini; Cost.: Mario Rappini; Mu.: Giulio Bonnard; Int.: Luigi Tosi (Berto), Barbara Costanova (Silvana), Gianni Rizzo (Sergio), Elio Steiner (Martini), Gustavo Serena (frate francescano), Rai- mondo Van Riel (Don Felice), Milly Vitale (Maria), Constance Dowling (Lubiza); Prod.: Istria-Scalera Films Beta. D.: 101’. Bn.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La Scalera, pur rappresentando nel cinema italiano un momento di accentuazione del microcosmo-studio (prolungato sull’esperienza di Salò), è anche un momento di ampliamento dalla centralità romana del cinema alle geografie adriatiche: vedi la fondamentale vicenda di De Robertis. Questa Scalera, in cerca di rigenerazioni neorealistiche nel dopoguerra, ha nella sua fase conclusiva l’episodio dell’Istria-Scalera, che produce un unico film, La città dolente, diretto da uno dei veterani più meritevoli di riscoperta, Bonnard, che si avvale per la sceneggiatura del maestro del mélo, Aldo De Benedetti, del suo erede già alessandriniano e poi teleromanzesco, Majano, e di un vagante Fellini. Con innesto delle uniche immagini documentaristi- che sull’esodo istriano, il film è tutt’altro che passivamente propagandistico e la sua rappresentazione dell’universo jugo- slavo è ricca di sfumature fantapolitiche. Essa è degna di competere col livello simbolico hollywoodiano, anche perché i protagonisti sono doppiati dalle due voci regine, Emilio Cigoli e Tina Lattanzi. E la Dowling pavesiana è una grande presenza la cui seduzione assorbe lo stesso discorso ideologico: con la sua irruzione il film fa un salto mortale e non ne torna indietro, sconvolto dalla sequenza eroticissima dell’amplesso originato dalla danza balcanica, che solo il carattere politico del film ha consentito di non censurare. Essa ci rimane oggi grazie alla distribuzione Sampaolo, che ha depositato al Luce un luminoso 35mm.

Sergio Grmek Germani

 

Copia proveniente da