LA BANDERA

Julien Duvivier

T. it.: La Bandera; Sog.: dal romanzo diPierre Mac Orlan; Scen.: Julien Duvivier, Charles Spaak, Pierre Mac Orlan (non accr.); F.: Jules Kruger, Marc Fossard; Mo.: Marthe Poncin; Scgf.: Jacques Krauss; Mu.: Jean Wiener, Roland Manuel; Su.: Georges Gérardot, Marcel Petiot (esterni); Int.: Jean Gabin (Pierre Gilieth), Annabella (Aicha laSlaoui), Robert Le Vigan (Fernando Lucas), Pierre Renoir (il capitano Weller), Gaston Modot (soldato Muller), Margo Lion (Planche-à-pain), Raymond Aimos (Marcel Mulot), Viviane Romance (ragazza di Barcellona), Charles Granval (il segoviano), Maurice Lagrenée (Simenon), Jésus Castro Blanco (il sergente), Robert Ozanne (il tatuato), Louis Florencie (Gorlier), Reine Paulet (Rosita), Little Jacky (Weber), NoEl Roquevert (il sergente nel treno), Genia Vaury (la ragaz­za del ristorante); Prod.: Maurice Juven per SNC – Société Nouvelle de Cinématographie; Pri. pro.: Parigi, 20 settembre 1935 35mm. D.: 102′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nella sequenza notturna che apre La Bandera, lo stile visivo e narrativo di Julien Duvivier è già riconoscibile – la panoramica dall’alto su un mondo di formiche umane, il delitto in ellissi, la flagranza fisica del sangue, l’azione convulsa, la città come teatro di fughe illusorie, la sorte segnata di un uomo – come sono identificabili alcuni motivi del Populismo tragico, che iniziava proprio allora la sua stagione. Quel crimine enigmatico marca come una maledizione il destino di Pierre Gilieth, primo personaggio a cui Jean Gabin abbia impresso i crismi del suo mito. Lo spazio è sempre sottomesso ad un’angosciosa claustrofobia, sia nelle stazioni della fuga di Gilieth a Barcellona, sia negli ambienti esotici della Legione Straniera spagnola. Gli eroi perdenti di Duvivier sono dannati all’esilio, all’ossessione dei rimorsi e alla nostalgia della propria terra perduta, con la prospettiva di una morte violenta, spesso amaramente derisoria (Gilieth rimane ucciso all’arrivo dei rinforzi). La dimensione romanzesca ed esotica della Legione sembra soltanto una dilazione ingannevole, come l’amore della fascinosa danzatrice Aïcha “la Slaoui” (Annabella) e l’amicizia tardiva di Lucas (il luciferino Robert Le Vigan), che avrebbe dovuto arrestare Gilieth per incassare la taglia sulla sua testa. Il realismo convulso di alcune sequenze (l’inseguimento a Barcellona, girato con la mdp nascosta fra la folla) si alterna magistralmente alla densità simbolica di cupe parentesi oniriche (il sogno dell’omicidio in sovrimpressione) e ad elementi visionari (il legionario con la maschera di morte tatuata sul volto). Claustrofobica è anche la sequenza dell’assedio del fortino, dove le azioni spasmodiche dei corpi dei legionari che muoiono come mosche, e la crudeltà dei dettagli (la botte colma d’acqua avvelenata, un tormento nel tormento) conferiscono al film un respiro tragico.

Fu Gabin a proporre a Duvivier l’acquisto in comune dei diritti del romanzo di Pierre Mac Orlan per un adattamento cinematografico. Primo di sette film scritti con lo sceneggiatore Charles Spaak e terzo film del glorioso sodalizio con Gabin, La Bandera fu girato in ambienti reali (mentre le sequenze con Annabella furono realizzate in studio). Inizialmente il film fu dedicato all’allora colonnello Franco, che aveva favorito le riprese nel Marocco spagnolo, ma la dedica fu cancellata dopo la riedizione del 1959. In Italia uscì mutilato di quasi trenta minuti dalla censura del regime fascista.

Roberto Chiesi