LʼEnfer dʼHenri Georges-Clouzot

Serge Bromberg, Ruxandra Medrea

Trad. let.: L’Inferno di Henri-Georges Clouzot; Ideazione: Serge Bromberg, dai rushes di L’Enfer (1964) di Henri-Georges Clouzot; Scen.: Henri-Georges Clouzot, José-André Lacour, Jean Ferry; F.: Andréas Winding, Armand Thirard; Su.: William-Robert Sivel; Int.: Romy Schneider (Odette), Serge Reggiani (Marcel), Dany Carrel (Marylou), Jean-Claude Bercq (Martineau), Maurice Garrel (Dr. Arnoux), Mario David (Julien); crediti film 2009: Op.: Irina Lubtchansky, Jérôme Krumenacker; Mo.: Janice Jones; Scgf.: Nicolas Faure; Mu.: Bruno Alexiu; Su.: Jean Gargonne; Int.: Bérénice Bejo (Odette), Jacques Gamblin (Marcel); Prod.: Serge Bromberg per Lobster Films/France 2 Cinéma/MK2; Pri. pro.: 19 maggio 2009 35mm. D.: 95’ 

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

I miei punti di partenza sono sempre molto soggettivi. (…) Per L’Enfer, ho fatto uno strano itinerario perché sono partito da me stesso, nonostante io non sia per niente geloso. Ma sono insonne e ho pensato alle ossessioni di un uomo soggetto alle insonnie. Ho cercato un’ossessione che potrebbe essere condivisa dal pubblico in due ore, dato che un uomo impiega un certo numero di anni a crearsi le sue ossessioni e ne ho concluso che questa poteva essere la gelosia. Le scene allucinatorie ossessive di L’Enfer mi hanno condotto a fare delle ricerche plastiche, che mi hanno suggerito un nuovo procedimento fotografico, di mia invenzione e che applico in questo periodo a un album di fotografie. Queste ricerche mi hanno portato a fare del personaggio maschile del mio prossimo film [La Prisonnière ndc] un fotografo. La mia sceneggiatura può ancora trasformarsi. Un
giorno ho visto Picasso iniziare una natura morta e il quadro finito rappresentava un corpo di donna…

Henri-Georges Clouzot, Intervista con Claire Clouzot, “Cinéma 65”, n. 96, maggio 1965

Clouzot incarna forse una certa dismisura della “politique des auteurs” ante litteram. Ed è questo il caso de L’Enfer: un autore senza produttore. Clouzot ha sempre avuto un produttore ma non per questo film. Per la prima volta, una società americana, Columbia, ha dato pieni poteri a un regista senza affiancargli un produttore per controllare i conti. (…) Clouzot ha il potere di correre a gran velocità, ma dove? Ci si può chiedere se non abbia dimenticato la sua meta lungo il percorso. È diventata un’erranza ed è l’enigma del nostro film, che noi non delucideremo. La sua idea era di superare i limiti di ciò che era stato intrapreso nel cinema fino ad allora. Ma come superarli? In quale direzione andare? La Nouvelle Vague aveva “inventato” un cinema qualche anno prima (…). Lui se ne infischiava che lo volessero sotterrare; faceva il suo cinema come lo sentiva e a maggior ragione per questo film. Punto sul vivo da questo giovane movimento che incarnava la modernità, devastato dalla morte di sua moglie Vera nel 1960, Clouzot si è detto che poteva inventare una nuova forma di cinema. Si è fissato una rotta e ha voluto andare al di là di questa rotta. Concepì quindi un nuovo modo di filmare gli attori, delle nuove forme per evocare le tensioni psicologiche fra i personaggi. Si offrì dei mezzi nuovi – e forse, o forse no, si rese conto strada facendo che non andava. È un momento unico, in cui un uomo ha potuto creare in totale libertà. La sola libertà che non aveva, era il tempo che passava. Più passava il tempo, più diventava inevitabile che qualcuno dicesse: “Ci si ferma qui”. Eppure non è stato trovato un calendario di produzione chiaramente prefissato. Esisteva, certo, un direttore di produzione, Claude Ganz, ma nessuno aveva la forza per fermare Clouzot nel suo slancio. Bisognava lasciare il Maestro all’opera. Lui non ascoltava nessuno. Ha girato per un po’ più di due mesi le sequenze dette di “prova”, giocando con effetti di ottica, utilizzando l’arte cinetica, installando Romy Schneider (Odette) sotto delle lampade girevoli, etc. Ma non erano che delle prove. Nessuno sa se sarebbero state utilizzate nel film finito, o se non fossero che dei test per ulteriori riprese in studio. (…) Erano previste diciotto settimane, ma il film si è fermato alla fine di tre settimane. Non è stata girata nessuna scena d’intimità, laddove erano proprio queste che dovevano dominare il racconto. Per esempio, non sembra che sia stata registrata la voce di Romy Schneider durante questo soggiorno [a Garabit]. Fu così anche perché lei non era altro che l’oggetto di fascinazione e di gelosia per il personaggio centrale che è Marcel (Serge Reggiani). È lui che bisognava ascoltare, e le sue voci interiori. Tutta la sua follia passava d’altronde attraverso il suono, prima di passare attraverso l’immagine. (…) I suoni e le immagini del film dovevano essere pervertiti. Esistono poche sequenze di cui si possa dire con certezza quali sarebbero rimaste nel montaggio definitivo. Ciò che resta di L’Enfer è il brogliaccio di un creatore. Forse le tessere del puzzle sono quasi tutte qui, ma Clouzot non sapeva ancora in quale ordine le avrebbe sistemate. Esiste un découpage ma non vi è descritta nessuna immagine fantasmatica. Si trova solo la menzione “image-choc”, ripetuta più e più volte. L’Enfer non è altro che un’Atlantide (…). Noi abbiamo utilizzato la totalità dei rushes ritrovati. Sono dei piani doppi, le riprese che Clouzot aveva scelto sul set in vista dei rushes (noi disponiamo solo del negativo immagine). Esistono centottanta scatole, contenenti ognuna tra i tre e gli otto minuti di prove a colori o di inquadrature girate in bianco e nero. (…) Il nostro film basato sui rushes de L’Enfer ha di fatto tre dimensioni: 1) la discesa agli inferi di Marcel, l’eroe della finzione; 2) la discesa agli inferi di Clouzot, il grande ispiratore del film, la sua prima sceneggiatura originale; 3) la fascinazione totale esercitata da Romy Schneider. Raccontiamo queste tre storie che si intrecciano l’una nell’altra e che sono la storia di un uomo che si chiude nel suo stesso labirinto. È chiaro che Clouzot sia stato vittima di un’esaltazione della sua notorietà. Onorandolo, gli americani gli hanno dato il bacio del ragno; offrendogli un budget illimitato, l’hanno ucciso.

Serge Bromberg, Entretien avec Serge Bromberg. Un homme qui s’enferme dans son propre labyrinthe, “Positif”, n. 579, maggio 2009

Copia proveniente da