Kuhle Wampe Oder: Wem Gehort Die Welt?

Slatan Dudow

Scen.: Bertold Brecht, Ernst Ottwald; F.: Günther Krampf; Scgf.: C.P. Haacker, Robert Scharfenberg; Mu.: Hanns Eisler; Su.: Carl Erich Kroschke, Peter Meyrowitz, Michelis; Int.: Hertha Thiele (Annie), Ernst Busch (Fritz), Martha Wolter (Gerda), Adolf Fischer (Karl Genosse); Prod.: Willi Münzenberg, Lazar Wechsler; Pri. Pro.: 1933. 35mm. L.: 2054 m. D.: 80′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Kuhle Wampe è il momento culminante (e il canto del cigno) del cinema proletario tedesco e anche il solo film che vide una partecipazione concreta di Bertolt Brecht, quasi a livello artigianale. (È un caso interessante nel senso che il film non assomiglia ai “soliti sospetti” del “cinema brechtiano” così come li vedono gli studi sul cinema). Era assistito da una squadra d’eccellenza: il regista Slatan Dudow, il compositore Hanns Eisler, il cosceneggiatore (con Brecht) Ernst Ottwalt, gli attori Hertha Thiele (protagonista del coevo Mädchen in Uniform) ed Ernst Busch, il più grande interprete di tutti i tempi di canzoni proletarie e il futuro Galileo per la celebre interpretazione del Berliner Ensemble di Brecht. Kuhle Wampe si fonda su un gran numero di elementi: pubblico (scene di massa con quattromila persone) e privato (la storia della famiglia operaia, la relazione tra i due giovani proletari, la città – con le biciclette che prefigurano il tema dell’anonimia di un capolavoro a venire, Ladri di biciclette) e la natura (tutta quella che Berlino può offrire, con la sua bellezza sottolineata in una canzone interpretata da Helene Weigel), immagini liriche unite ad accenni ironici alle tentazioni piccolo-borghesi. Il vero eroe del film è la classe operaia. Anche se il tema della nascita della coscienza proletaria è reso familiare da molti film sovietici e naturalmente dalla letteratura operaia, la magnifica mescolanza di fatti documentati, finzione e collage è profondamente originale, un monumento unico all'”altra Germania”, con grandi emozioni (che Brecht era bravissimo a manipolare, non a liquidare) e l’intelligenza degli affilatissimi dialoghi. Per esempio la scena nella metropolitana (che ruota intorno alle notizie internazionali sull’incendio delle piantagioni di caffè in Brasile) presenta una splendida tipologia (le classi sociali espresse dai volti) di opinioni divergenti, illusioni, verità relative, malintesi e visioni del mondo, oneste, disoneste, assurde. Senza la minima traccia di teatro filmato. La struttura episodica funziona brillantemente. All’inizio del film un giovane disoccupato si suicida buttandosi dalla finestra di casa sua, ma non senza prima appoggiare sul davanzale l’orologio da polso: il suo tempo è finito, si spera che i tempi stiano cambiando. (Ma è il 1932, e noi sappiamo che il futuro non asseconderà le speranze espresse nel film.) Subito dopo: il silenzio, la distanza emotiva e l’indifferenza dei vicini… “Ein Arbeitslose weniger”, un disoccupato di meno. Il miglior commento al film venne dalla censura: “Quella scena mostra che il suicidio è il destino di un’intera classe”. Al che Brecht e Dudow replicarono: “Questo sì che è un corso intensivo di realismo, dal punto di vista di un poliziotto”. Pur ricordando la personalità carismatica di Brecht, andrebbe aggiunto che il regista del film, Slatan Dudow (1903-1963), di origini bulgare, era a suo modo un grande talento. Girò Kuhle Wampe dopo un piccolo e tagliente film intitolato Zeitprobleme: wie der Arbeiter wohnt (t.l. Problemi del giorno: come vive l’operaio) e prima di una deliziosa satira, Seifenblasen (t.l. Bolle di sapone); i suoi film più tardi (dopo l’esilio in Francia e in Svizzera) rappresentano forse la più bella carriera di un regista nei primi decenni del cinema della Repubblica Democratica Tedesca.

Peter von Bagh

Copia proveniente da