KONJIKI YASHA

Koji Shima

[Il demone d’oro] Sog.: dal romanzo omonimo di Koyo Ozaki. Scen.: Koji Shima. F.: Michio Takahashi. Scgf.: Mikio Naka. Mus.: Ichiro Saito. Int.: Jun Negami (Kan’ichi), Fujiko Yamamoto (Miya), Kenji Sugawara (Arao), Mitsuko Mito (Akagashi), Kazuko Fushimi (Aiko), Eiji Funakoshi (Tomiyama), Shizue Natsukawa (la signora Minowa), Kumeko Urabe (Tose), Kinzo Shin (Shigisawa), Chikako Hosokawa (la signora Shigisawa), Shiko Saito (Wanibuchi), Teppei Endo (Minowa). Prod.: Masaichi Nagata per Daiei · 35mm. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il film è tratto da un celebre romanzo spesso adattato per il cinema, Konjiki yasha (letteramente “Il demone d’oro”) di Koyo Ozaki, grande successo del periodo Meiji (1868-1912) originariamente pubblicato a puntate sul quotidiano “Yomiuri Shinbun” e sul periodico letterario “Shinshosetsu” tra il 1897 e il 1903. Storia moraleggiante di un pover’uomo che diventa avaro quando la donna amata viene costretta a sposare un pretendente più ricco, molte delle sue scene cruciali sono diventate celebri, e il romanzo fu oggetto di almeno sedici trasposizioni cinematografiche, mute e sonore. La versione di Shima, l’ultima in ordine di tempo, ravviva con una brillante fotografia a colori una storia un po’ datata, facendo rivivere il periodo Meiji. Cinque anni dopo il direttore della fotografia Michio Takahashi girò le parti giapponesi di Hiroshima mon amour di Alain Resnais.
Con questa seconda produzione a colori, la Daiei sperava di rianimare una narrazione tradizionale con l’uso del colore e con un cast composto in prevalenza da giovani star. Il recensore di “Kinema Junpo” ebbe però a lamentarsi dell’eccessiva compressione della trama, trovò poco convincente gran parte del cast e osservò che personaggi così antiquati non rappresentavano più un’attrattiva per la generazione del dopoguerra. Riconobbe però la superiorità del procedimento a colori d’importazione, e individuò nella scena della casa incendiata un esempio del suo magistrale impiego.

Copia proveniente da