KING OF COMEDY

Martin Scorsese

T. it.: Re per una notte Sog., Scen.: Paul D. Zimmerman. F.: Fred Schuler. M.: Thelma Schoomaker. Scgf.: Boris Leven. Mus.: Robbie Robertson. Su.: Rebecca Einfeld, Les Lazarowitz. Int.: Robert De Niro (Rupert Pupkin), Jerry Lewis (Jerry Langford), Diahnne Abbott (Rita Keane), Sandra Bernhard (Masha), Shelley Hack (Cathy Long), Ed Herlihy (se stesso), Tony Randall (se stesso), Margo Winkler (segretaria), Catherine Scorsese (mamma di Rupert), Martin Scorsese (regista TV). Prod.: Robert F. Colesberry, Robert Greenhut, Arnon Milchan per Embassy International Pictures, Twentieth Century Fox Film Corporation. Pri. pro.: 8 febbraio 1983. DCP. D.: 109′. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il comico teatrale è probabilmente l’attore per eccellenza. Lavora da solo, senza maschera, alla mercé del pubblico; può contare unicamente sulle proprie risorse. “Non sono mai stato tanto spaventato, tanto umiliato in tutta la mia vita”, ha confessato De Niro dopo il lungo piano-sequenza che accompagna il suo monologo in Re per una notte.
De Niro è stato anche il primo a essere ammaliato da Rupert Pupkin. Scorsese, che gli aveva fatto avere la sceneggiatura ai tempi di Alice non abita più qui, non si sentiva pronto. Solo dopo Toro scatenato s’è lasciato convincere che si trattava di un materiale più interessante, più personale di quanto credesse.
In realtà il regista è da tempo affascinato da Sid Caesar, Ernie Kovacs, i comici ebrei della Borscht Belt. Ha una predilezione per le commedie di Bob Hope e Bing Crosby, di una cattiveria singolare, e soprattutto per Always Leave Them Laughing (Roy Bel Ruth, 1949), autobiografia senza orpelli di Milton Berle, a tratti sorprendente per verità e amarezza. In Re per una notte si ritrova quella verità, quell’amarezza. La risata liberatrice di un Lenny Bruce o di un Mel Brooks è assente. Buffone di seconda categotria, Rupert non è un genio incompreso. È un re solo nei dialoghi che immagina di avere con Jerry Langford, il suo idolo. A lungo differito, il suo grande monologo non è la prova di un talento eccezionale. Rupert ci affascina solo perché sarebbe pronto a vendere l’anima al diavolo, pur di essere il divo di una notte.
Non senza perversione, Scorsese scambia le parti assegnate alle sue star. A Jerry Lewis tocca quella di un businessman privo di umorismo, imbronciato fino alla misantropia, il cui sguardo si illumina solo quando è in preda alla collera. Invece De Niro, fin lì votato a imponenti prove drammatiche, prende in prestito alcune caratteristiche, e persino alcune gag, al ‘ragazzo tuttofare’ di cui ha visto e rivisto tutti i film per calarsi nella parte.
[…] Re per una notte ha avuto una funzione di rivelatore per ciascuno dei partecipanti, a cominciare da Scorsese che, giunto alla maturità si è riconosciuto nei due protagonisti solitari, sia nell’insider sia nell’outsider.

Michael Henry Wilson, Martin Scorsese. Conversazoni con Michael Henry Wilson, Rizzoli, Milano 2006

Restaurato da The Film Foundation, New Regency Productions Inc. e Twentieth Century Fox. Restaurato digitalmente in 4K dal negativo camera originale presso Sony Colorworks; il restauro digitale della colonna sonora è stato effettuato da John Polito presso Audio Mechanics.
Per gentile concessoone di New Regency Enterprises