JOUR DE FÊTE
T. it.: Giorno di festa. T. int.: The Big Day. Scen.: Jacques Tati, Henri Marquet, con la collaborazione di René Wheeler. F.: Jacques Mercanton, Jacques Sauvageot. M.: Marcel Moreau. Scgf.: René Moulaert. Mus.: Jean Yatove. Int.: Jacques Tati (François, il postino), Guy Decomble (Roger), Paul Frankeur (Marcel), Santa Relli (moglie di Roger), Maine Vallée (Jeannette), Delcassan (la pettegola), Jacques Beauvais (proprietario del ca è), Roger Rafal (il parrucchiere), gli abitanti di Sainte-Sévère-sur-Indre. Prod.: Fred Orain, André Paulvé per Cady Films. Pri. pro.: 11 maggio 1949 DCP. D.: 87’. Bn.
Scheda Film
Il negativo originale della versione in bianco e nero del 1949 è purtroppo andato perduto e dopo l’uscita della versione a colori inedita nel 1995, non è stato condotto nessun lavoro sulle due versioni in bianco e nero concepite da Tati. Nel 2012, questa prima versione in bianco e nero è stata digitalizzata in 4K a partire da due controtipi positivi d’epoca su supporto nitrato conservati presso gli Archives Françaises du Film. Anche il sonoro a densità variabile è stato tratto da questi due controtipi positivi combinati.
Il titolo stesso è in sé una metafora della Liberazione – non dimentichiamo che il film fu girato tre anni dopo – dell’euforia e delle celebrazioni che suscitò in tutta la Francia. La lunga scena dell’innalzamento di un palo con il drappo tricolore ha un’innegabile valore simbolico. […]
Per sottolineare ancora la metafora, trovo assai pertinente un’osservazione di Sophie Tatischeff [figlia di Jacques Tati] sulla somiglianza del postino con il generale De Gaulle nella scena in cui, visto in primo piano di spalle, saluta dal balcone del caffé la fanfara che arriva nella piazza del paese. Non è così incongruo se si pensa all’alta taglia, all’uniforme, al képi del personaggio… Nello stesso ordine di idee si potrebbero assimilare le prodezze fisiche (Jour de fête è senza dubbio il più fisico e keatoniano dei film di Tati) del postino che cerca di rivaleggiare con la posta americana, agli sforzi di De Gaulle per preservare l’identità, la grandeur della Francia di fronte all’egemonia americana del dopoguerra in Europa. Ma questo paragone non spiega certo tutto il film…
La specificità di Jour de fête risiede prima di tutto nella sua armonia generale e nella fluidità che il tragitto del postino con la bicicletta imprime al suo svolgimento. Armonia visiva, innanzitutto, quella di un paesaggio […] che apre e chiude il film, dove si iscrivono una ad una le case del paese, poi le fiere e gli abitanti. È la Francia del passato, che Tati contrapporrà nettamente, in Mon oncle, al mondo moderno, duro e ermetico; un mondo che
invaderà tutto lo spazio in Playtime. Ma in Jour de fête non c’è nessuna dicotomia: le fiere e le loro attrazioni si fondono dolcemente nell’universo bonario del paese di Sainte-Sévère (sic) […]; il servizio di posta americana, vista in un documentario, è un elemento fantastico, talmente irreale nel contesto che serve piuttosto da motore poetico che ispira la gestualità del postino; le beffe di cui è l’oggetto non sfociano né nell’alienazione né nel dramma. Infine il giro finale, capolavoro di virtuosità acrobatica, che è allo stesso tempo frenetico e assurdo (François consegna ogni volta le lettere nel modo più esilarante, ne appunta una su un forcone, ne infila un’altra nella mietitrice), è di un’assoluta bellezza formale e cinetica.
Vincent Ostria, Couleur locale, “Cahiers du cinéma”, n. 487, gennaio 1995
Il restauro della prima versione di Jour de fête è stato effettuato da Les Films de Mon Oncle presso i laboratori L’Immagine Ritrovata e L.E. Diapason (per il suono)