JOHNNY GUITAR
Sog.: dal romanzo omonimo di Roy Chanslor. Scen.: Philip Yordan. F.: Harry Stradling. M.: Richard L. Van Enger. Scgf.: James Sullivan. Mus.: Victor Young, Peggy Lee. Int.: Joan Crawford (Vienna), Sterling Hayden (Johnny Guitar), Mercedes McCambridge (Emma Small), Scott Brady (Dancin’ Kid), Ward Bond (John McIvers), Ben Cooper (Turkey Ralston), Ernest Borgnine (Bart Lonergan), John Carradine (Old Tom). Prod.: Herbert J. Yates per Republic Pictures Corp. DCP. D.: 109’. Col.
Scheda Film
Mentre il tema di Johnny Guitar composto da Peggy Lee accompagnava le ultime inquadrature del nuovo western, gli spettatori lasciavano la sala confusi e disorientati. Avevano appena visto un film inclassificabile.
Nicholas Ray disse che Johnny Guitar infrangeva tutte le regole del western, e questo accadeva nel decennio migliore del genere, che in quel periodo sembrava abbracciare tutta la realtà o almeno tutto ciò che era possibile esprimere con mezzi cinematografici. Lo stile barocco e lo splendore irreale di Johnny Guitar lo distinguevano da tutto il resto. La casa di produzione invece si distingueva per la sua marginalità, e per certi versi sarebbe impossibile immaginare un Johnny Guitar non prodotto da Republic Pictures.
Johnny Guitar passò quasi inosservato negli Stati Uniti, mentre in Francia fu considerato l’opera fondamentale di un regista già in procinto di assumere connotazioni mitiche. Jean-Luc Godard disse erano le sue stesse imperfezioni a fare di Johnny Guitar il film più bello del mondo. Jacques Rivette si concentrò sull’ossessione di Ray per il tramonto, sulla sua visione della solitudine e della difficoltà di adattamento in un vortice di violenza. Per François Truffaut Johnny Guitar era un sogno dell’Ovest, una fiaba resa più intensa dagli effetti stranianti del Trucolor.
Nella sua sregolatezza, Johnny Guitar riassume tutta la filmografia di Nicholas Ray. È un’attenta lettura ‘politica’ della sua epoca, un western esistenziale, un film a colori sperimentale, un melodramma splendidamente stilizzato (con tutte le caratteristiche di un’opera voluta fino in fondo), una folle commedia sugli uomini anche se la vera protagonista è una donna.
Film di sorprendente equilibrio stilistico, in esso gli orpelli del western sono usati con parsimonia e in maniera allusiva mente l’epoca della Guerra fredda è rappresentata appieno in una visione satiricamente controllata. Un insieme organico e poetico che emerge da materiali disparati.
Peter von Bagh, in Elämää suuremmat elokuvat II [I film ‘bigger than life’ II], Otava 1993, a cura di Antti Alanen