IN NOME DELLA LEGGE

Pietro Germi

Sog.: dal romanzo Piccola pretura (1948) di Giuseppe Guido Lo Schiavo. Scen.: Mario Monicelli, Federico Fellini, Tullio Pinelli, Giuseppe Mangione, Pietro Germi. F.: Leonida Barboni. M.: Rolando Benedetti. Scgf.: Gino Morici. Mus.: Carlo Rustichelli. Int.: Massimo Girotti (Guido Schiavi), Jone Salinas (baronessa Teresa Lo Vasto), Charles Vanel (Turi Passalacqua), Camillo Mastrocinque (barone Lo Vasto), Saro Urzì (maresciallo Grifò), Turi Pandolfini (don Fifì), Peppino Spadaro (avvocato Faraglia), Ignazio Balsamo (Ciccio Messana). Prod.: Luigi Rovere per Lux Film. DCP. D.: 100’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Pietro Germi aveva scritto il film senza aver mai visto la Sicilia, basandosi sul romanzo di un ex pretore ambientato nei primi anni Venti, e solo dopo incontrò fisicamente il set. Ne ebbe, in apparenza, un’entusiasmante conferma, anzi quasi una moltiplicazione iperbolica del pregiudizio. La Sicilia è esattamente così come uno se la immagina; anzi, è ancor più così. […] Nei film precedenti (Il testimone, Gioventù perduta) il modello per illustrare fenomeni di cronaca nera del dopoguerra era quello del giallo urbano, quello che oggi chiameremmo film noir. Qui il modello cambia. Se la mafia è fenomeno del latifondo, allora è chiaro che un film all’americana sulla mafia non potrà che avere come modello il western. Germi, nella sua creazione di un neorealismo popolare, pienamente in accordo con la politica della casa di produzione Lux, si trova in sintonia con un western ‘maggiorenne’ pronto a sfumare i contrasti morali netti: il modello principale sembrerebbe il John Ford maturo di Sfida infernale, uscito in Italia l’anno prima. Il riferimento al western è evidente fin dalle prime scene, fin dalla colonna sonora di Carlo Rustichelli che alterna una marcia western e una melodia dagli echi diciamo operistico-folcloristici, stile Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Nelle stesse scene, non meno evidente è il modello neorealista nell’uso della voice over, che è una specie di segno di riconoscimento, e che all’inizio espone le premesse socio-ambientali del racconto […].
Come all’inizio di un western, il protagonista Guido Schiavi, interpretato da Massimo Girotti, scende dal treno da solo, in campo lungo. È di Palermo, ma tutti lo scambiano per straniero […]. È il nuovo pretore, vestito in abiti cittadini, da noir potremmo dire. È, soprattutto, un cittadino che arriva in un villaggio. Dopo esser stato messo sull’avviso dal vecchio pretore, prenderà una corriera-diligenza per raggiungere il paese […].
La mafia gestisce l’ordine con modi spicci, e il conflitto principale sarà tra il pretore (la legge dello Stato) e il capomafia (la legge del fucile). Un conflitto classico, come anche quello dell’omertà, contro la quale si scontrano le indagini, e che diventerà anch’esso fondamentale nel cinema di mafia.

Emiliano Morreale, La mafia immaginaria. Settant’anni di Cosa nostra al cinema (1949-2019), Donzelli, Roma 2020

Copia proveniente da

Restaurato nel 2020 da CSC – Cineteca Nazionale presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, a partire da un controtipo positivo stampato dal negativo originale, oggi perduto, e da un positivo colonna sonora, messi a disposizione da Cristaldifilm