IMBARCO A MEZZANOTTE
35mm. L.: 2300m. D.: 82’ a 24 f/s. R.: Joseph Losey (Andrea Forzano). S.: Noël Calef. Sc.: Andrea Forzano (Ben Barzman). F.: Henry Alekan. Scgf.: Antonio Valente. C.: G.C. Sonzogno. Mont.: Thelma Connel. In.: Paul Muni (l’uomo), Joan Lorring (Angela), Vittorio Manunta (Giacomo), Luisa Rossi (madre di Giacomo), Aldo Silvani (Peroni), Arnoldo Foà (l’ispettore), Enrico Glori, Linda Sini, Giulio Marchetti, Noel Calef, Henry Alekan. P.: Noël Calef, Alfonso Bajocci, Bernard Vorhaus e Ben Barzman per la Riviera Film, Giacomo Forzano per il Consorzio Produttori Cinematografici di Tirrenia Film e per la United Artists.
Scheda Film
“Un produttore americano, John Weber, gli ha proposto un film da girare in Italia. La sceneggiatura è già pronta, e l’ha scritta, adattando un romanzo dell’ebreo francese Noël Calef, il Ben Barzman di The Boy with Green Hair […] Il set porta Losey, che è in Italia per la prima volta (“Durante i miei viaggi in Europa prima della guerra mi ero sempre rifiutato di andare in Italia, forse a torto, però era una questione di principio, per causa di Mussolini”), tra Pisa e Livorno: sono gli studi Tirrenia dei Forzano, già caposaldo produttivo del cinema fascista, impegnati ora in un tentativo di rilancio all’ombra protettiva del nuovo governo. Curiosamente, il contatto con i Forzano viene procurato da quelli che Losey chiama ‘i miei amici comunisti americani’, e la produzione si trova fratturata tra un’ala comunista e un’ala ancora risolutamente fascista. […] Conclusiva ironia, il film, ormai inservibile il vero nome dell’autore, sarebbe stato firmato da Andrea, figlio del vecchio Forzano, del tutto disinteressato all’impresa e che, secondo i ricordi di Losey, non si spinse nemmeno ad una visita sul set. […] Il regista senza nome riprende, si direbbe, da dove era stato interrotto. Come The Big Night, il primo film dell’esilio si configura come la storia, dal mattino a mezzanotte, di un padre e di un figlio: anche se il legame qui non è dato dal sangue, ma da una fortuita disperazione comune, il vincolo si stringe intorno alla condivisione e allo scambio (involontario) di una colpa. Per paura il bambino ruba una bottiglia di latte, per fame l’uomo strangola la lattaia, e dietro i loro gesti si profila, nel distacco brechtiano che corregge le implicazioni patetiche, quella stessa innocenza dei deboli che per il comunista Losey è, in questi anni, materia non discutibile: ‘I have a right to eat, a right to live’ (arriverà più tardi, nei cupi capolavori della maturità, l’inquinamento e la tortuosa alienazione di ogni rapporto, personale e di classe). Come in parte The Boy with Green Hair, come completamente The Lawless, come di necessità il remake M, Imbarco a mezzanotte è il film di una fuga. Se il ragazzo dai capelli verdi e i giovani indios di The Lawless venivano spinti alla fuga dall’intolleranza e dal razzismo, qui l’uomo si trova a dover fuggire per la povertà di un dopoguerra. Del dopoguerra italiano. Il clandestino Losey, sbarcato sui set toscani della Tirrenia, viene a sua volta assalito dai paesaggi ‘prodigiosi e ingombranti’ dell’Italia non ricostruita, non riconciliata. Dalla prodigiosa, ingombrante memoria del suo cinema recente, glorioso, e già avviato al disarmo. (Paola Cristalli, Note su imbarco a mezzanotte, Cinegrafie, n. 12, 1999)