IL NODO

Gaston Ravel

R., S., Sc.: Gaston Ravel. Scgf.: Alfredo Manzi. F.: Otello Martelli. In.: Francesca Bertini (la marchesa), Carlo Gualandri (il pittore), Giorgio Bonaiti (il marchese), Elena Lunda (l’amica del marchese), Rosetta D’Aprile (la modella), Isabella de Lizaso. P.: F. Bertini per la Caesar-film, Roma. Di.: U.C.I.
35mm. L.: 1000m. D.: 55’ a 16 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il film racconta l’amore fra un pittore e una marchesa brutalizzata da un marito fedifrago. Per loro si sacrifica una giovane modella che il pittore aveva sostenuto quando ella era in difficoltà. La marchesa è creduta morta e i due possono fuggire insieme. Anni dopo, il marchese ritrova la moglie e la rivuole con sé. Interviene il pittore, i due lottano e sarà un quadro della modella-martire a far volgere le cose in favore del pittore.

“Presentiamo: 1) la signora di tutti, croce e delizia del romanticismo carnale; 2) la donna dalla fatalità magnetica e impenetrabile; 3) la figlia della borghesia, fragile, difficile e severa; 4) la “mondana”; 5) la passionale, patetica e struggente.
Questi tipi, che citiamo come esempi, senza la pretesa di esaurirne la gamma, comparivano nel cinema italiano (cioè, press’a poco mondiale) di anteguerra, sotto i nomi di Francesca Bertini, Lyda Borelli, Maria Jacobini, Hesperia, Leda Gys.
Il fenomeno attrice è stato sempre una incarnazione del desiderio amoroso degli uomini e quindi, direttamente o di rimbalzo, dell’ideale autobiografico delle donne. Nel parallelogramma delle forze che creano il successo di una grande attrice, bisogna dunque calcolare una duplice corrente di frenesia: tanto più caratteristica, quando l’attrice si specifica in diva cinematografica. Il che spiega la sotterranea vena prossenetica di cui si alimenta il cinema; la quale, s’intende, non è da confondersi con la volgare taccia di erotismo che spesso cade su quest’arte. Vogliamo dire, in sostanza, che per noi la voga contagiosa del cinema è anche determinata da quell’amora che è una delle molle del mondo […]. (G. Debenedetti e A. Consiglio, Dive, maschere e miti del cinema, Cinema, v.s., n. 5, 10 settembre 1936)

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