IL CAVALIERE MISTERIOSO
Sc.: R. Freda, Mario Monicelli, Stefano Vanzina. F. Rodolfo Lombardi. Mu.: Alessandro Cicognini, diretta da Ugo Giacomazzi. M.: Otello Colangeli. Scgf.: Piero Filippone. Cost. e arred.: Vittorio Nino Novarese. Trucco: Otello Fava. Op.: Guglielmo Lombardi. Ass.R.: Valentino Trevisanato. Cast: Vittorio Gassman (Giacomo Casanova), Maria Mercader (Elisabeth), Yvonne Sanson (Caterina II), Gianna Maria Canale (contessa Lehmann), Elli Parvo (la dogaressa), Antonio Centa (fratello di Casanova), Giovanni Hinrich (il Grande Inquisitore), Dante Maggio (servo di Casanova), Guido Notari (il doge). Prod.: Dino De Laurentiis per Lux Film; 35mm. L.: 2608 m. D.: 95’ a 24 f/s.
Scheda Film
Isolato, in un primo momento potrà stupire, Freda lo è, e soprattutto lo è stato, nel paese in cui i cineasti hanno maggiormente tentato di lottare precisamente contro l’isolamento, di raccogliersi tutti intorno a nozioni comuni, e a ciò che è chiamato neo-realismo. Ma proprio questo movimento, per la sua stessa consistenza (decisamente più verbale che creativa), ha messo definitivamente in disparte quelli che non ostentavano di collegarsi ad esso. Per la verità conosco pochi cineasti, all’infuori di Freda, che in un momento dato della loro carriera non abbiano avuto a che fare in maggiore o minor misura con questa dottrina, tenendo conto ovviamente del fatto, curioso per un movimento del genere (neo), che il numero di cineasti che hanno sostenuto di averlo preparato, o inventato, è nettamente superiore al numero di quelli che hanno riconosciuto di averlo seguito. Poi la moda è cambiata: è sopraggiunto il neomitologismo. Il destino del cinema italiano in generale ha in un certo senso raggiunto Freda; ed è nella vasta legione dei suoi imitatori che oggi noi dobbiamo chiedere che venga riconosciuto. […] Questo cinema è naturalmente spettacolare: ogni rapporto umano vi è risolto in termini di spazio. Separazioni, alleanze, lacerazioni, raggruppamenti, tradimenti, fughe, adesioni, conversioni sono la materia della regia; e la sua applicazione è questa: che tutto diventi leggibile, innanzitutto nel profondo del cuore, all’interno di un’opzione fondata sulla difesa di un valore, ma soprattutto sul terreno stesso della lotta in cui finalmente l’azione si esprime, esce e si libera dall’attesa, dai preparativi, dalle proprie motivazioni nebulose, colleriche o melanconiche. Trascinata al fianco per chilometri, finalmente estratta dal fodero, la lama scintillante potrà servire a qualcosa. L’emozione allora non è assente, ma reale e decuplicata.
Jacques Lourcelles, in «Présence du cinéma», n. 17, primavera 1963