I CLOWNS

Federico Fellini

Sog., Scen.: Federico Fellini, Bernardino Zapponi. F.: Dario Di Palma. M.: Ruggero Mastroianni. Scgf.: Renzo Gronchi. Mus.: Nino Rota. Int.: Riccardo Billi, Tino Scotti Fanfulla, Gigi Reder, Leopoldo Valentini, Carlo Rizzo (i clown), Nando Orfei (se stesso), Anita Ekberg (se stessa), Alvaro Vitali (il fonico), Lina Alberti (la sarta, madre del fonico). Prod.: Ugo Guerra, Elio Scardamaglia per Rai – Radio Televisione Italiana, O.R.T.F., Bavaria Film. DCP. D.: 92’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nei suoi momenti migliori Federico Fellini mescolò scenari reali e fantasie soggettive. I clowns, Roma e Amarcord non si limitano a registrare impressioni superficiali, ma diventano insiemi di memorie del passato privato e collettivo (come gli anni Trenta fascisti), di fantasie e di paure.
I clowns, che sarebbe potuto essere una piccola rievocazione nostalgica di un mestiere scomparso, si erge a Weltanschauung e a meditazione sul circo della vita con i suoi artisti consapevoli e inconsapevoli. In questa maniera I clowns si allarga – sempre con la mediazione di una visione soggettiva – a descrivere una società che ha bisogno dell’umorismo per nascondere e dimenticare per un attimo un orrore onnipresente.
Alcuni film di Fellini erano esplicite trasposizioni di incubi. Con esiti più originali, Fellini si specializzò anche in affreschi improntati a uno stile personalissimo: a Satyricon, I clowns e Amarcord seguì uno dei suoi film più belli, Il Casanova, nel quale la visione storica veicola una spietata sensibilità moderna e la consapevolezza dell’autoinganno.
Il documentario felliniano era una categoria a se stante che si addentrava nel regno della finzione. Già in Bloc-notes di un regista Fellini era affascinato dall’idea del ‘finto documentario’, che da quel momento divenne una modalità essenzialmente felliniana. Una simile scelta era nell’aria: dopo Pasolini, Marker, ecc., venne F for Fake. Per qualche ragione, fu lì che ebbe inizio l’approccio ironico alla ‘verità’.
La soggettività rimase il più grande talento di Fellini, anche quando creò spettacoli barocchi. I clowns divenne un film sull’orrore di allestire uno spettacolo e sul tema ricorrente degli artisti in declino. Le registrazioni fedeli degli spettacoli vi appaiono inframmezzate a malinconiche scene d’infanzia e a episodi come quello del vecchio clown alcolizzato che scappa dall’ospizio per andare al circo, dove muore. Anziché una cronaca gioiosa sul ritorno dei grandi comici, I clowns offre una meditazione esistenziale su fama e oblio, verità e illusione, giovinezza e vecchiaia, vita e morte.

Peter von Bagh, Elokuvan historia [History of the Cinema] (1975/2004) e dagli appunti postumi (2014), traduzione di Antti Alanen

Copia proveniente da

Restaurato nel 2019 da Cineteca di Bologna in collaborazione con Compagnia Leone Cinematografica presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata