HEIMLICHKEITEN

Wolfgang Staudte

T. alt.: Malki taini / Erinnerungen am Morgen. Scen.: Anžel Vagenštajn, Wolfgang Staudte. F.: Wolf Wirth. M.: Rosemarie Kubera. Scgf.: Iskra Litschewa. Mus.: Miltscho Lewiew. Int.: Reinhild Solf (Gisela Stein), Apostol Karamitev (ispettore Damyanov), Karl Michael Vogler (Walter Riemeck), Ewa Strömberg (Britta), Anni Bakalowa (Zora), Konstantin Kotzew (Balas), Heinz Meier (Lothar Kunze), Maja Dragomanska (Binka), Jürgen Rehmann (Hans Brusse), Katrin Schaake (Margot Riemeck). Prod.: Wolfgang Staudte per Cineforum GmbH, Kinocenter Bojana 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Heimlichkeiten era un progetto nel quale Wolfgang Staudte credeva fermamente, tanto che vi investì molti dei suoi risparmi – e perse tutto quando il film fece fiasco al botteghino. Da allora e fino alla morte lavorò soprattutto per le banche, letteralmente: morì solo poche settimane dopo aver saldato l’ultima rata. Di solito è l’unica cosa che si sente dire del film, anche perché dopo la prima uscita in sala è stato proiettato molto raramente.

In realtà Heimlichkeiten è uno spettacolo affascinante, poiché con esso Staudte tentò di realizzare un film in puro stile Nuovo cinema tedesco, tanto da affidare la direzione della fotografia all’artisan fétiche dei giovani autori, Wolf Wirth. E si vede: nessun altro film di Staudte ha un aspetto così patinato, caldo e garbato. Il film trasmette l’infinita flemma balcanica del divo bulgaro Apostol Karamitev, che nel ruolo dell’ispettore Damjanov porta all’estremo l’arte dell’indagine rilassata. In realtà il film procede a un ritmo ancora più rallentato e canicolare di quanto originariamente previsto, poiché Staudte non poté terminare le riprese principali a Varna. Le forze del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia e i membri bulgari della troupe sparirono da un giorno all’altro, alcuni perché chiamati alle armi, la maggior parte perché la situazione si era fatta troppo rischiosa. I tedeschi, di conseguenza, lasciarono subito il paese. Così Staudte fu costretto a lavorare con quello che aveva, il che rese il film finito ancora più frammentario e irregolare di quanto avessero previsto lui e il suo coautore Anžel Vagenštajn, che qui, come aveva già fatto con il capolavoro della DEFA Chronik eines Mordes (1965), crime movie girato da Joachim Hasler, guarda ai conti in sospeso della RFT con il passato nazista ma anche con il presente della dottrina Hallstein. In questo mosaico di crimini e piccole bugie, più analizzati che indagati o risolti, troviamo le seguenti tessere: un uomo e una donna provenienti rispettivamente dalla Germania Ovest e dalla Germania Est che vivono una relazione extraconiugale, un ex soldato della Wehrmacht che torna sulla scena dei suoi crimini, un musicista dell’Ovest le cui scappatelle con una bellezza locale non sono viste di buon occhio… 

Olaf Möller

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