GRIBICHE
Sc.: J. Feyder, dal racconto omonimo di Frédéric Boutet. F.: Maurice Desfassiaux, Maurice Forster. Scgf.: Lazare Meerson. Ass.R.: Henri Chomette. In.: Jean Forest (Gribiche), Françoise Rosay (Madame Maranet), Rolla Norman (Philippe Gavary), Cecile Guyon (la madre di Gribiche). P.: Films Albatros.
35mm. L.: 2512 m. D.: 113′ a 20 f/s.
Scheda Film
In Gribiche Françoise Rosay incontrò il suo primo grande ruolo. Fino a quel momento, l’amore e la superstizione di Feyder l’avevano spesso fatta apparire nei suoi film, ma in modo fortuito: piccoli ruoli magnificamente recitati e che riuscirono solo a dimostrare, nella loro riuscita, la cecità di coloro che, riferendosi a lei, non si rendevano conto del suo talento. Gribiche è un’opera di transizione. Nel film si incontrano e vengono descritti tutti gli ambienti parigini. Esso si svolge contemporaneamente nell’atmosfera snob delle Arti decorative e della Parigi popolare.
Henri Langlois, Trois cents ans de cinéma, Paris, Cahiers du Cinéma / Cinémathèque française / Fondation Européenne des Métiers de l’Image et du Son, 1986
Ogni film di Feyder è una delizia, delizia per gli occhi e per lo spirito. Dopo aver trovato la propria via con Crainquebille, Feyder non ci delude più. Egli ha acquisito al più alto gado il senso visivo e sensibile dell’inquadratura, e infonde nelle sue interpretazioni della vita l’intelligenza del filosofo e l’anima del poeta. Nessuna volgarità lo lusinga, egli considera ogni cosa sotto l’angolo della sincerità. Così organizzato ed armato, Feyder ha conquistato uno dei primo posti nel cinema francese – molti dicono addirittura il primo – mentre tanti altri cincischiano in interminabili ripetizioni, che è un modo per regredire. Il suo nuovo film, Gribiche, non è ingombro, come Visages d’Enfants, di tesi morali né, come L’Image, d’ideologia metafisica. La novella di Boutet, da cui il film è tratto, è un bel raccontino che ci narra le avventure di un ragazzo molto assennato. (…) Un soggetto di questo tipo – ma si può dire sia un soggetto? – era destinato a tentare Feyder, amico dei bambini. Egli vi ha aggiunto una fantasia deliziosa, fatta di dettagli minuti, di nonnulla deliziosi, di tratti spirituali commoventi. Su un semplice spunto romanzesco che occupa duecento righe di giornale, egli ha costruito tutto un mondo di sensazioni delicate, un grande film in cui c’è humour, emozione, costante attenzione all’eleganza e al senso artistico più distinto. (…) Il ruolo di Gribiche poteva essere affidato solo a Jean Forrest. Questo giovane artista, uno dei più grandi che possediamo, ci ha divertito ed emozionato. La sua abilità è straordinaria, senza pose ed affettazione, e speriamo si impegnerà a conservarla”.
Cinéa-Ciné pour tous, 49, 15 nov. 1925