GOJIRA
Photo © Toho
Sog.: Shigeru Kayama. Scen.: Takeo Murata, Ishiro Honda. F.: Masao Tamai. M.: Kazuji Taira. Scgf.: Satoru Chûko, Takeo Kita. Mus.: Akira Ifukube. Int.: Akira Takarada (Hideto Ogata), Momoko Kochi (Emiko Yamane), Akihiko Hirata (Daisuke Serizawa), Takashi Shimura (Kyohei Yamane), Fuyuki Murakami (professor Tanabe), Sachio Sakai (reporter Hagiwara), Toranosuke Ogawa (presidente Nankai Ferry), Ren Yamamoto (Masaji Yamada). Prod.: Tomoyuki Tanaka per Toho Film (Eiga) Co. Ltd. DCP. D.: 97’. Bn.
Scheda Film
Sarà magari per tutta quella masnada di vivaci e simpatiche incarnazioni che hanno trasformato il dinosauro atomico in istituzione serializzata (e fingiamo di negare l’esistenza di quella roba di Emmerich), ma spesso si tende a trascurare quanto il capostipite del 1954 sia un’opera cupissima ed emotivamente lacerante. Non voglio spaventare nessuno, ma Gojira è un film che fa davvero sul serio. Il suo DNA è incasinato quanto quello di un italiano medio, già dal nome: Gojira, una fusione di “gorilla” e “kujira” (balena in giapponese), anche se leggenda vuole che fosse in realtà l’appellativo amichevolmente appiccicato a un tizio sovrappeso della Toho. Le sue radici affondano flessuose nei territori di King Kong e di altre creature mastodontiche cresciute a Hollywood, oltre che nella mitologia squisitamente nipponica. Ma in quanto al padre naturale, non ci si può sbagliare: Godzilla (film e creatura) è figlio della bomba atomica.
La sua produzione fu certamente il frutto di una pianificazione mercantile attenta (per quanto arrischiata: costò dieci volte tanto la media dei film giapponesi realizzati all’epoca), ma questo non toglie nulla all’urgenza dolorosa dell’impresa. Nel 1946 Honda visitò Hiroshima: si ha l’impressione che Gojira sia il suo modo per catturarne l’orrore, senza riuscire a venirne a patti. A ragione, il critico José Maria Latorre ne ha sottolineato il perturbante incrocio tra documentario ruvido e film di guerra nient’affatto eroico. Tanto che la versione rivista, corretta e prontamente confezionata da Joseph E. Levine per il mercato USA (col titolo Godzilla, King of the Monsters!) si premura di sanificare l’atmosfera lasciando sul pavimento della saletta di montaggio i riferimenti più scomodi alla follia nucleare.
Oltre al mostro, l’altra figura immortale del film è il dottor Serizawa, scopritore suo malgrado di un ordigno
che distrugge l’ossigeno (oggi si direbbe ‘sistema a deplezione’ sfuggito un po’ di mano): il suo tormento di fronte al fatale amplesso tra scienza e distruzione di massa resta, a mio modo di vedere, più convincente di quello mostrato da Oppenheimer nell’ottimo film di Nolan.
Andrea Meneghelli