GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEI
Sc.: Amleto Palermi. F.: Victor Armenise, Alfredo Donelli. Scgf.: Vittorio Cafiero, D. Diano, Angelo Canevari, Giovanni Spellani, P. Buffa. C.: Duilio Cambellotti. Did.: Alfredo Panzini. In.: Viktor Varkony (Glauco), Rina de Liguoro (Jone), Maria Corda (Nydia), Bernhard Goetzke (Arbace), Emilio Ghione (Caleno), Vittorio Evangelisti (Apecide), Lia Maris (Julia), Enrica Fantis (amica di Julia), Gildo Bocci (Diomede), Carlo Duse (Burbo), Ferruccio Biancini (Olinto), Vasco Creti (Sallustio), Alfredo Martinelli (Lepido), Giuseppe Pierozzi (Josia), Enrico Monti (Lidone), Bruto Castellani (Eumolpo). P.: Società Anonima Grandi Films. 35mm. L.: 3900m. D.: 145’ a 24 f/s.
Scheda Film
“L’idea di questa partitura nasce dopo oltre vent’anni di attività interamente pianistica prevalentemente dedicata al cinema muto, durante i quali ho avuto modo di sperimentare diversi sistemi e stili, di fronte a tutti i tipi di pubblico. Così, ho potuto verificare e constatare che il sistema più efficace è l’improvvisazione più pura e libera possibile, ovvero ciò che si verifica quando il pianista non conosce il film che sta suonando. Ho quindi direttamente applicato all’orchestra questo principio “rapsodico” di procedere, immaginando un’orchestra che “improvvisa” di fronte a un film che non ha mai visto. Dunque questa partitura procede per tre ore filate “da sinistra a destra” senza mai ripetere due volte lo stesso tema (esattamente come fa l’ignaro pianista che improvvisa) basando i suoi sforzi su tutto il repertorio tipico del sinfonismo”.
(Antonio Coppola)
“Una paziente, ampia ricerca fra le cineteche dei due emisferi, ha portato alla scoperta di tre diversi ‘testi’ o meglio ‘frammenti’ del testo, originari d’epoca e a colori: una copia quasi completa sul piano narrativo (ma di circa 900 mt. più corta dell’archetipo) al Filmarchiv di Vienna, colorata in sequenze monocrome con imbibizioni e viraggi; e, al National Film and Television Archive di Londra, due frammenti: uno più lungo, anch’esso imbibito e virato, e uno più breve, di soli due rulli, colorato con il più complesso e spettacolare sistema policromo a matrici. Quest’ultimo, al di là della bellezza dei colori, è risultato la scoperta più intrigante: da un lato per la ‘sfida’ tecnologica costituita dal tentativo di riprodurre quei colori nella copia odierna, operazione tutt’altro che semplice […]; e insieme per la constatazione che, in copie diverse, talune scene di un film potevano effettivamente essere colorate in modo diverso da una copia all’altra. Da qui ha preso avvio la fase decisiva di quello che aveva ormai assunto tutte le caratteristiche di un restauro completo, in ogni senso, del nostro film”.
(Mario Musumeci, Alla ricerca del testo perduto. Il restauro de “Gli ultimi giorni di Pompei”, da Gli ultimi giorni di Pompei, Electa, Napoli, 1994)