GAAV

Dariush Mehrjui

Sog.: Azadaran-e Bayal [Gholam-Hossein Saedi]. Scen.: Dariush Mehrjui. F.: Fereydon Ghovanlou. M.: Dariush Mehrjui. Mus.: Hormouz Farhat. Int.: Ezzatolah Entezami (Mash Hassan), Mahin Shahabi (la moglie di Hassan), Ali Nassirian (Mash Islam), Jamshid Mashayekhi (Abbas), Jafar Vali (Kadkhoda). DCP. D.: 104’. Bn.

 

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Esistono altri film che parlano di uomini e di vacche (per esempio La Vache et le prisonnier), ma al contrario di Gaav non possono certo essere definiti storie d’amore, né sanno indagare con altrettanta forza la pazzia, la solitudine e l’ossessione. Questa pietra miliare della nouvelle vague iraniana narra la storia di un pover’uomo (l’attore teatrale Ezzatolah Entezami in una delle più grandi interpretazioni del cinema iraniano) e della sua unica fonte di gioia e di sostentamento, una vacca che fornisce il latte a tutto il villaggio. (Prevedibilmente, all’uscita del film la sinistra interpretò il latte come una metafora del petrolio). Una notte la mucca viene misteriosamente uccisa e a quel punto subentra la pazzia, o meglio la trasformazione.
Mehrjui, che a partire dagli anni Sessanta ha continuato a reinventare il suo rapporto con il cinema, sa passare dai toni mesti di un adattamento di Salinger alla commedia esilarante. Di umili origini, andò a studiare filosofia alla UCLA e dopo aver fatto ritorno in Iran si vide affidare un thriller alla James Bond lontanissimo dalle sue ambizioni autoriali. Fu il suo secondo film, Gaav, ispirato ai racconti dello psichiatra marxista Gholam-Hossein Saedi, a segnare la svolta. “Girando Gaav non avevo idea degli effetti che avrebbe avuto sulla storia del cinema iraniano”, racconta Mehrjui, “era più che altro una mia reazione alle tendenze commerciali e per molti versi volgari dell’industria cinematografica di allora. Avevo sempre voluto fare un film ambientato negli spazi rurali di un villaggio, specialmente dopo aver visto Au Hasard Balthazar e I figli della violenza”.
Il film si vide subito vietare l’esportazione, ma un amico francese di Mehrjui riuscì a portarne clandestinamente una copia alla Mostra di Venezia, dove fu proiettato senza sottotitoli diventando una delle prime opere del cinema iraniano a essere apprezzate sul piano internazionale. Intensa commistione di religione e di politica di sinistra (due forze cruciali nella rivoluzione del 1979), Gaav ritornò alla ribalta più di dieci anni dopo, quando l’ayatollah Khomeini lo identificò come esempio di buon cinema, contrariamente ai tanti film dall’influenza ‘corruttrice’ dell’era Pahlavi.

 

Copia proveniente da

Il negativo originale è stato scansionato e restaurato digitalmente in 2K nel 2012 da Pishgamane Cinemaye Arya grazie al finanziamento del National Film Archive of Iran. Il nuovo negativo così generato è stato approvato dal regista