Faraon

Jerzy Kawalerowicz

T. it.: Il faraone. T. int.: Pharaoh. Sog.: dal romanzo omonimo di Bolesław Prus. Scen: Tadeusz Konwicki, Jerzy Kawalerowicz. F.: Jerzy Wójcik. M.: Wiesława Otocka. Scgf.: Jerzy Skrzepiński. Mus.: Adam Walaciński. Int.: Jerzy Zelnik (Ramses XIII/Lycon), Wiesława Mazurkiewicz (Nikotris), Barbara Brylska (Kama), Krystyna Mikołajewska (Sarah), Ewa Krzyżewska (Hebron), Piotr Pawłowski (Herhor), Leszek Herdegen (Pentuer), Stanisław Milski (Mephres), Kazimierz Opalinski (Béroès). Prod.: Zespół Filmowy Kadr. 35mm. D.: 149′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Gli anni Sessanta furono l’epoca d’oro del film storico polacco. A partire da I cavalieri teutonici (1960) di Aleksandr Ford, i budget aumentarono, i film si allungarono e i migliori registi del paese ebbero l’occasione di lavorare su vasta scala con migliaia di comparse. Ciò non era di per sé un fatto positivo, ma contrariamente da quel che accadeva a Hollywood o nell’Unione Sovietica, dove un maggiore afflusso di denaro finiva spesso per soffocare il talento, i film polacchi di questo periodo dimostrarono che la grandeur produttiva poteva portare a creazioni più intense e personali. Il migliore esempio di questa qualità è Il faraone di Jerzy Kawalerowicz, tratto da un romanzo del 1897 di Bolesław Prus. Il film segue la lotta per il potere tra il giovane faraone Ramses XIII (Jerzy Zelnik) e i sommi sacerdoti, che hanno di fatto conquistato il potere approfittando della debolezza dei suoi predecessori. Le basi storiche su cui poggia il romanzo sono state ormai da tempo smentite (non è mai esistito un faraone chiamato Ramses XIII), ma la sua analisi dei meccanismi del potere dovette sembrare attuale alla metà degli anni Sessanta, e oggi lo è ancor di più. Il fatto che il romanzo di Prus fosse uno dei libri preferiti di Stalin sottolinea l’esattezza e la validità delle conclusioni dell’autore sulla crudeltà del potere. Per quanto riguarda le allusioni alla contemporaneità, il film si presta a molte interpretazioni. Il popolo ebraico perseguitato trova facile collocazione nel contesto del XX secolo. I sommi sacerdoti possono essere associati alla potente Chiesa cattolica. Nel secondo dopoguerra il Partito comunista aveva assistito a più di una lotta intestina. Nel film di Kawalerowicz non c’è distinzione tra regnanti buoni e cattivi: ci sono solo bastardi che si contrappongono ad altri bastardi, in un conflitto nel quale i perdenti sono soprattutto i deboli e gli oppressi. Girato in Uzbekistan e in Egitto con la consulenza storica del futuro regista Shadi Abdel Salam (La mummia, 1969), Il faraone dimostra che un maggiore investimento produttivo può portare a un risultato di qualità. L’atmosfera fosca e tesa che domina il film conferisce la giusta distanza all’ambientazione storica, rendendola emozionante e credibile agli occhi dello spettatore moderno. Jerzy Wójcik sa cogliere la strana luce riflessa dal deserto e dai templi, sigillando l’intreccio in uno spazio remoto in cui tutti i personaggi paiono disperatamente isolati.

Petteri Kalliomäki

 

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