Faces

John Cassavetes

T. It.: Volti; Scen.: John Cassavetes; F.: Al Ruban; Mo.: Al Ruban, Maurice Mcendree; Scgf.: Phedon Papamichael; Mu.: Jack Ackerman; Su.: Don Pike; Int.: John Marley (Richard Forst), Gena Rowlands (Jeannie Rapp), Lynn Carlin (Maria Forst), Seymour Cassel (Chet), Fred Draper (Freddie), Val Avery (Jim Mccarthy), Dorothy Gulliver (Floren­ce), Joanne Moore Jordan (Louise), Darlene Conley (Billy Mae), Gene Darfler (Joe Jackson), Elizabeth Deering (Stella), Anne Shirley (Anne), Anita White (Nita), Erwin Siriani (Harry Selfrine), Jim Bridges (Jim Mortensen), Don Kraatz (Edward Kazmier); Prod.: Maurice Mcendree Productions; Pri. Pro.: 24 Novembre 1968; 35mm. D.: 130′. Col.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Centocinquanta ore di pellicola, sei mesi di riprese, quattro anni di montaggio. Ridotto a due ore, Faces – come indica il titolo – è l’ossessione dei volti, spinta al parossismo. Cassavetes li filma da vicino, con diverse macchine da presa, in piani- sequenza perché gli attori possano recitare in continuità. Nella prima parte, non cessano mai di muoversi ed eccoci trascinati in un movimento perpetuo che finisce per creare una sorta di angoscia. La stessa provata dai personaggi. Nella seconda, più calma, un intrigo vero e proprio sostituisce le divagazioni di ubriachi. Faces è il film più nero di Cassavetes. Perché l’alcool non soltanto aiuta e supporta l’idea della morte (come in Husbands). Fa di più: la rende desiderabile. E, soprattutto, non consola del fallimento dell’amour fou (come in Love Streams), perché l’amour fou, qui, non esiste. Rimane la tenerezza, dispensata, in due sequenze sublimi, da una cali girl (Gena Rowlands) e un gigolo (Seymour Cassel)”.

Claude-Marie Trémois, Le Guide du cinéma chez soi, a cura di Pierre Murat, “Télérama” hors-série, Paris, 2002

 

“Il più delle volte John dava lo “stop” solo quando non c’era più pellicola in macchina. Voleva scoprire qualcosa, nel preciso momento della lavorazione. Avevamo una specie di beata inno­cenza, che ci faceva osare tutto. Abbiamo utilizzato differenti qualità di pellicola negativa e invertibile. Per la scena nella came­ra non ho voluto un’immagine sgranata, per mostrare la bellezza di Gena (Rowlands). Per il night-club, ho scelto una pellicola che elimina tutta la scala dei grigi, per avere un’immagine contrasta­ta. Dal momento che si girava in 16, è stato necessario, per gon­fiare in 35, sviluppare separatamente ogni bobina (cioé ogni sce­na, non ogni rullo!) e trasferire il negativo in invertibile!”

Thierry Jousse, Conversazione con Al Ruban, in John Cassave- tes, Éditions de l’Étoile/Cahiers du Cinéma, Paris, 1989

 

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