EL SECUESTRADOR

Leopoldo Torre Nilsson

Sog.: da un racconto omonimo di Beatriz Guido. Scen.: Beatriz Guido, Leopoldo Torre Nilsson. F.: Alberto Etchebehere. M.: Jorge Garate. Scgf.: Emilio Rodríguez Mentasti. Mus.: Juan Carlos Paz. Int.: María Vaner (Flavia), Leonardo Favio (Berto), Lautaro Murúa (Patrick), Osvaldo Terranova, Oscar Orlegui (Pelusa), Carlos López Monet (Gustavo), A. López Méndez (Bolita). Prod.: Argentina Sono Film S.A.C.I.. 16mm. D.: 75’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo il riconoscimento internazionale ottenuto per La casa del ángel (1956), Torre Nilsson ha ottenuto dai suoi produttori il semaforo verde per portare sullo schermo un racconto breve di Beatriz Guido, che un anno prima avrebbe certamente ispirato la loro diffidenza. Diventata la sua sceneggiatrice abituale dopo il film precedente, la Guido ha nutrito con i motivi ossessivi delle sue storie – l’innocente malvagità dei bambini, la sessualità oppressa dall’ipocrisia sociale, la decadenza delle famiglie tradizionali del paese – il ricco repertorio romanzesco dei film di Torre Nilsson durante il decennio successivo e, dopo la parentesi dei film storici, della sua ultima opera (Piedra libre, 1975).
Con una grande libertà, che in seguito avrebbe ritrovato solo sporadicamente, Torre Nilsson ha rappresentato i dropout di una bidonville nella periferia della capitale con uno sguardo non realista. Al contrario, intorno a una coppia di giovani che scoprono i loro sentimenti, fa sviluppare una corte dei miracoli in cui un carattere letterario permea la descrizione di un ambiente dove la miseria rende inevitabile il sordido: un cimitero divenuto rifugio notturno di trafficanti di oggetti rubati, e le cui tombe vuote sono affittate alle coppie; un neonato, badato da ragazzini che vendono cartoline pornografiche, prestato a una mendicante per suscitare compassione e usato come scudo durante le rapine. Se il pastore protestante che diventa pazzo dopo aver ucciso il figlio malato sembra far visita da un altro film, i bambini hanno una presenza reale e i debuttanti María Vaner e Leonardo Favio, futuro cineasta dal talento senza pari, portano con loro dei volti e un tono inediti nel cinema argentino dell’epoca.
Denigrato all’uscita per i suoi eccessi (il maiale che mangia un neonato, la morte che ‘rapisce’ un bambino ucciso da altri bambini), El secuestrador resta un momento unico nell’opera dei suoi autori. Dialoga come nessun altro film del suo tempo con il cinema indipendente degli anni 2000.

Da: Fernando Martín Peña per concessione di Argentina Sono Film