DIE SIEGER
35mm. L.: 620m. D.: 30’a 16 f/s. R.: Rudolf Biebrach. Sc.: dal romanzo omonimo di Felix Philippi (1914). Scgf.: Jack Winter. F.: Karl Freund. M.: Kapellmeister Bechstein (pseudonimo di Giuseppe Becce). In.: Rudolf Biebrach (il professore di musica Assing), Henny Porten (Konstanze, sua figlia), Arthur Bergen (Camille Düpaty), Bruno Decarly (Siegmund Freystetter), Elsa Wagner (signora Freystetter, sua madre), Paul Biensfeld (il rilegatore Gerum). P.: Messters-Film GmbH (der Ufa), Berlino.
Scheda Film
“Il mito di Henny Porten venne sostenuto e portato a compimento e perfezione dall’eccellente organizzazione della ditta Messter grazie alla quale negli anni Dieci venne garantita la presenza pressoché universale di Henny Porten nei cinematografi tedeschi. I film in serie della star Porten ammontavano solitamente a otto-dieci pellicole l’anno, e questo fatto già di per sé assicurava la sua massiccia presenza nei cinema tedeschi. E tuttavia – cosa che oggi stentiamo a credere – questa enorme popolarità si fondava materialmente sull’esiguo numero di 15-20 copie per film sull’intero territorio del Reich tedesco (l’imprecisione tra 15 e 20 discende dal fatto di calcolare fino a cinque le copie sostitutive del materiale danneggiato) le quali circolavano con grande rapidità – perfino nella sala Mozart di proprietà dei Messter a Berlino un film della Porten veniva programmato soltanto nella usuale settimana riservata alle prime visioni o al massimo per un’altra settimana ancora – , estrema precisione e in base a un calendario a lunga scadenza. Con esemplare regolarità, a intervalli che andavano dalle quattro alle sei settimane, ogni nuovo film della Porten veniva proiettato in una località diversa fino a quando faceva bella mostra di sé sullo schermo del “più remoto paesucolo di montagna”. Con Henny Porten si andava assolutamente sul sicuro. Così come lei poteva essere assolutamente sicura che il supporto organizzativo del suo enorme successo funzionasse alla perfezione.
In questo modo, Henny Porten rappresentò una parte importante ed estremamente tipica del cinema degli esordi, anche se non lo incarnava certo tutto: ma per ognuno significava qualcosa. È proprio questa molteplicità di aspetti a fondare il suo mito e ad aver fatto sì che assumesse proporzioni gigantesche”. (Corinna Müller, in Hans-Michael Bock (Hg.), Cinegraph. Lexikon des deutschsprachigen Films, 1984)