DIE HOSE
R.: Hans Behrendt. Scgf.: Heinrich Richter e Franz Schroedter. F.: Carl Drews. In.: Jenny Jugo, Werner Krauß, Rudolf Forster, Veit Harlan, Christian Bummerstedt, Olga Limburg. P.: Phoebus-Film A. G., Berlino. 35mm. L.: 2163 m. D.: 107’ a 18 f/s.
Scheda Film
“Il film si chiama prima di tutto Werner Krauss. È stata una grande serata; il suo successo più grande. Non l’ho mai ritenuto un protagonista nel film. Egli era a volte molto interessante, ma spesso anche decisamente penoso; ma non gli è riuscito mai di tenere in pugno i duemila spettatori in sala. In realtà mai è stato capace di reggere fino in fondo un film. Ieri al primo colpo ce l’ha fatta; e per due ore li ha soggiogati con pugno di ferro nella figura di Theobald Maske. È stata una cosa stupenda, da confrontarsi forse con Chaplin.
Nessuna traccia di recitazione ‘naturalistica’: ma l’enigmatica trasformazione in un animale comico, comico-raggricciante. Il grande Franz Kafka descrisse una volta in un racconto i sentimenti di un uomo che una mattina si risveglia trasformato in insetto, senza peraltro tratteggiare come il mondo reagisca a un tale prodigio; quindi partendo dal presupposto immaginario che un evento del genere possa capitare tutti i giorni, e proprio in questo consiste la terribile trovata del tutto. Di un umorismo che similmente ti getta a terra si tratta qui. Prima, nel cinegiornale dell’Ufa si erano viste delle scimmie, strane scimmie che scherzavano con uno specchio, in parte con tratti animaleschi, in parte come potrebbero fare degli umani. Queste scimmie rinchiuse nello zoo non facevano un effetto altrettanto ‘zoologico’ di Krauss che impersonava Theobald Maske. È una mostruosità degna di essere studiata dagli studiosi di scienze naturali: un girino, un animale assolutamente formidabile, che gracida stridulo, soffia e si muove impettito nella sua stalla domestica con la cresta ritta; come se dai vapori della birra, dall’atmosfera di società canore maschili e dal tepore del letto coniugale emergesse con prepotenza un fantasma, lo spirito del filisteo, lo spirito di Monsieur Jourdan. Non appena muove un dito, si finisce per terra dalle risate. […] Jenny Jugo è graziosa, appetitosa e ingenua come richiede il suo ruolo. Quando si guarda attorno con i suoi grandi occhi da bambina, con aria interrogativa e sciocca, risulta a momenti irresistibile. Non è mai stata, neanche lontanamente, al suo posto come qui. Nell’assegnarle in futuro degli altri ruoli, se la si vuole portare al successo, non si potrà prescindere da questo esperimento”. (Willy Haas, Film-Kurier, Nr. 197, 22.8.1927, in Wolfgang Jacobsen [et al.] (Hg.), Willy Haas. Der Kritiker als Mitproduzent. Texte zum Film 1920-1933, 1991)
Jenny Jugo (Eugenie Walter, 1905-?). Dopo una serie di filmetti gradevoli ma senza storia, generalmente diretti da un abile artigiano di nome Fred Sauer, Jenny apparve in Die Hose (1927), regia di Hans Behrendt, divertente versione cinematografica della pruriginosa commedia di Carl Sternheim, dove tenne brillantemente testa ai suoi partners, Werner Krauss e Rudolf Forster, vecchie volpi del palcoscenico e del set. I film che seguono – tra questi vanno rilevati Die blaue Maus (Il topolino azzurro), Die Carmen von St. Pauli e Sechs Mädchen suchen Nachtquartier – sono tutti centrati sulla sua verve che man mano diviene sempre più spigliata e intraprendente. Nuovamente diretta da Behrendt alla fine del muto, Jenny è protagonista di una terna di film dove la sua briosa vivacità riesce al meglio: Der Bund der drei (La lega dei tre), Die Flucht von der Liebe (La fuga dell’amore) e Die Schmugglerbraut von Mallorca (Rosa di Spagna); in questi film, girati in mezza Europa per gli esterni, Jenny ha per partner Federico Benfer, un attore di origine napoletana ma prevalentemente attivo in Germania, che diventerà suo marito.
I film che l’attrice interpreterà nel sonoro non si discosteranno di molto da quelli del periodo muto, ma vennero spesso animati da sequenze musicali. Nel 1935 Jenny affrontò il ruolo più importante della sua carriera, la Eliza Doolittle in una versione del Pigmalione, cavandosela con disinvolta abilità: seguirono nel 1936 un paio di film in costume, Die Nacht mit dem Kaiser (Una notte di Napoleone) e Mädchenjahre einer Königin (La giovinezza di una grande imperatrice), diretti da Erich Engel che fu il suo regista attitré negli anni Trenta.
Un tono minore assunse la sua verve nelle successive interpretazioni, tra le quali ve n’è anche una in Italia, Non mi sposo più. Dopo questa e qualche altra apparizione, Jenny si ritirò a vita privata in Svizzera, non dando più notizie di sé. (Vittorio Martinelli)