DEVIL’S DOORWAY
Scen.: Guy Trosper. F.: John Alton. M.: Conrad A. Nervig. Scgf.: Cedric Gibbons, Leonid Vasian. Mus.: Daniele Amfitheatrof. Int.: Robert Taylor (Lance Poole), Louis Calhern (Verne Coolan), Paula Raymond (Orrie Masters), Marshall Thompson (Rod MacDougall), James Mitchell (Red Rock), Edgar Buchanan (Zeke Cormody), Rhys Williams (Scotty MacDougall), Spring Byington (signora Masters), James Millican (Ike Stapleton), Bruce Cowling (tenente Grimes). Prod.: Nicholas Nayfack per Metro-Goldwyn-Mayer Corp. DCP. D.: 84’. Bn.
Scheda Film
Anthony Mann esordì come regista di western nel 1950 girando ben tre film, attività frenetica con cui dimostrò di aver trovato il suo genere preferito. La caratteristica più marcata dei western di Mann è la violenza, elemento essenziale come nella tragedia classica. Possedeva un talento eccezionale nel drammatizzare l’azione fino al punto di ebollizione, ma anche nel raffigurare la vita quotidiana nel west. A proposito di Devil’s Doorway Mann dichiarò di non aver mai letto una sceneggiatura migliore. La sua assoluta originalità risulta oggi ancora più evidente. Nasce un nuovo tipo di protagonista, più simile a una persona normale che a un eroe mitologico, né fuorilegge né sceriffo, non la figura per certi versi sovrumana del passato, ma neanche l’antieroe degli anni Sessanta. Devil’s Doorway si differenzia dagli altri western di Mann. È la sua ultima collaborazione con il geniale direttore della fotografia John Alton, noto per il suo senso dell’atmosfera, le ombre profonde e i contrasti sorprendenti. Il paesaggio filosofico del noir si fonde con il paesaggio morale del western, dando vita a un espressionismo ringiovanito. Il tema è nuovo: il nativo americano che ha combattuto per l’Unione nella Guerra civile, aspettandosi naturalmente che da quel momento in poi lui e il suo popolo verranno trattati con rispetto. Non accade. Si scopre che non è nemmeno un cittadino americano. A malincuore diventa un emarginato, un ribelle (“se perdiamo ora, tanto vale morire tutti”), una forza atavica di tale portata che attaccando lui la società rischia di distruggere se stessa.
Devil’s Doorway è il migliore tra i western progressisti perché rifiuta il whitewashing e crea un personaggio provocatorio e consapevole della complessità della situazione. Robert Taylor interpreta il ruolo principale con rinnovata autorevolezza. I campi-controcampi con l’avvocatessa (Paula Raymond) evocano la presenza accusatoria della legge e le dimensioni di una relazione non corrisposta. “Non preoccuparti. Tra cent’anni forse avrebbe funzionato.”
Peter von Bagh, appunti per TV3, Ennen elokuvaa [Before the Film], 20 settembre 1987. Versione inglese a cura di Antti Alanen