Chi è Senza Peccato
Sog.: Libero Bovio, Gaspar Di Maio Dal Romanzo “Geneviève, Histoire D’une Servante” Di Alphonse De Lamartine; Scen.: Aldo De Benedetti; F.: Rodolfo Lombardi; Mo.: Mario Serandrei; Scgf.: Ottavio Scotti; Cost.: Dina Di Bari; Mu.: Salvatore Allegra; Int.: Amedeo Nazzari (Stefano Brunot), Yvonne Sanson (Maria Dermoz), Frantoise Rosay (Contessa Lamieri), Enrica Dyrell (Laura Morresi), Aldo Nicodemi (Avvocato), Mario Ferrari (John Morresi), Anna Maria Sandri (Lisetta), Teresa Franchini (Adele), Dina Perbellini (Madre Superiore), Giovanni Dolfini (Direttore Della Prigione), Enrico Olivieri (Nino), Gianni Glori (Dario), Gualtiero Tumiati (Sacerdote), Liliana Gerace (Agnese), Nino Marchesini (Maresciallo); Prod.: Giuseppe Bordogni Per Titanus E Labor Film; Pri. Pro.: 18 Dicembre 1952 ; 35mm. D.: 118′. Bn.
Scheda Film
“Da quando il cinema ha cominciato ad attrarre larghe masse di pubblico, da quando è diventato in tal senso spettacolo, l’attenzione di certi produttori e di certi registi si è rivolta con particolare frequenza al genere “melodrammatico”, “romantico-sentimentale”. (…) Chi è senza peccato... è un altro della serie. (…) È tratto da un romanzo di Lamartine, Geneviève, histoire d’une servante, opera stanca, scritta da un uomo che la politica aveva ormai stroncato, e che non riusciva più a ritrovare la vena poetica dei momenti migliori. Il cinema, impadronendosi del soggetto, ne ha ancora accentuato i lati più deteriori dando sfogo ad un romanticismo passionale di gusto assai scadente. Giovinette sedotte da baldanzosi aristocratici, vecchie contesse dall’animo perverso, colpe e finzioni, un grande sacrificio e un grande amore: tutto il bagaglio di una letteratura d’appendice che qui ci viene presentato secondo gli schemi più logori, con la sola preoccupazione di ottenere una tensione “melodrammatica”, che non colpisce più nessuno. Un altro film in cui i personaggi sono burattini, e le situazioni così grottesche e gratuite da sfiorare il ridicolo. Dinanzi ad esso e agli altri cento che lo eguagliano, chiedere un minimo di dignità pare lecito e doveroso”.
Matteo Siniscalco, “Rassegna del film”, n. 14, Roma, maggio 1953