CARMEN

Francesco Rosi

Sog.: dall’opera omonima di Georges Bizet su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, tratto dal racconto di Prosper Mérimée. Scen.: Francesco Rosi, Tonino Guerra. F.: Pasqualino De Santis. M.: Ruggero Mastroianni, Colette Semprun. Scgf.: Enrico Job. Int.: Julia Migenes-Johnson (Carmen), Plácido Domingo (don José), Ruggero Raimondi (torero Escamillo), Faith Esham (Micaëla), Jean- Philippe Lafont (Dancaïre), Gérard Garino (Remendado), Susan Daniel (Mercédes), Lilian Watson (Frasquita), François Le Roux (Moralès), John-Paul Bogart (Zuniga). Prod.: Opera Film Produzione, Productions Marcel Dassault (Parigi), Gaumont (Parigi). DCP. D.: 155′. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo aver prodotto Don Giovanni (1979) di Losey e Parsifal (1982) di Syberberg, Daniel Toscan du Plantier, direttore generale della Gaumont, propose a Francesco Rosi un film dalla Carmen di Bizet. Secondo Toscan du Plantier, “il film d’opera non poteva nascere che dal connubio di un’opera e di un cineasta. Dico proprio cineasta in opposizione ai registi di teatro che passano dietro la macchina da presa per i bisogni della causa. […] Questa idea poneva quindi i propri principi: qualità e verosimiglianza fisica degli attori, dimenticare la scena, pensare per immagini”.
Superate alcune iniziali reticenze dovute alla sua scarsa dimestichezza con l’opera lirica, Rosi si appassionò al progetto – “Carmen è, secondo me, la più cinematografica delle opere liriche” – scoprendosi in sintonia con Bizet perché “considera l’amore fra un uomo e una donna esattamente come me: l’amore fra due esseri che sono e restano inesorabilmente degli avversari”. Volle realizzare “un lavoro d’interpretazione visiva, non solo del libretto, ma anche della musica”, così che “ad ogni nota corrisponda sempre un’immagine precisa che si imponga allo spettatore”, grazie alla plasticità e ai cromatismi della fotografia di Pasqualino De Santis.
Dato che Bizet adotta anche il linguaggio della danza, perché aveva capito che “per gli andalusi e i gitani, i gesti e la danza sono mezzi d’espressione privilegiati” (Carmen, del resto, è gitana), Rosi, con l’apporto di Antonio Gades, privilegiò nel film la dimensione coreografica, calandola negli autentici spazi di una Spagna ariosa (le riprese ebbero luogo a Ronda, Carmona e a Siviglia) e nelle reali sonorità della natura. Al direttore d’orchestra Lorin Maazel, il regista chiese di registrare i cantanti separatamente, su bande diverse, così da avere la possibilità durante il mixage di sottolineare e variare alcuni momenti musicali. Uno degli aspetti più originali della Carmen di Rosi è la ricchezza di registri: “la libertà con la quale Bizet ha genialmente operato per coniugare questi due aspetti, ‘l’operetta’ e la tragedia, è ciò che mi ha più affascinato e condotto ad accettare di fare questo film”.

Roberto Chiesi

Copia proveniente da

Restaurato da Gaumont