BANDITI A ORGOSOLO

Vittorio De Seta

Sog.: Vittorio De Seta; Scen.: Vera Gherarducci, Vittorio De Seta; F.: Vittorio De Seta; Op.: Luciano Tovoli; Mo.: Vittorio De Seta; Scgf.: Elio Balletti; Cost.: Marilù Carteny; Mu.: Valentino Bucchi; Su.: Fausto Ancillai, Nino Renda; Ass. R.: Vera Gherarducci; Int.: Michele Cossu (Michele Jossu), Peppeddu Cuccu (Peppeddu Jossu), Vittorina Pisano (Mintonia) e altri pastori sardi; Prod.: Vittorio De Seta 35mm. L.: 2690 m. D.: 98’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Ricordo distintamente di aver visto Banditi al New York Film Festival all’inizio degli anni Sessanta. Uno dei film più insoliti e straordinari che avessi mai visto.
La storia è semplice: un pastore, accusato di un crimine che non ha commesso, è braccato in un paesaggio arido e silenzioso. Il suo gregge muore di fame e lui, ormai ridotto alla miseria, è costretto a diventare un bandito. Ma il film è anche la storia di un’isola e della sua gente. Ambientato sulle montagne della Barbagia, in Sardegna, il film rivela un mondo arcaico, incontaminato, dove la gente si esprime in un dialetto antico e vive secondo leggi preistoriche, considerando il mondo moderno estraneo e ostile. In loro, De Seta riscopre le vestigia di una società antica attraverso la quale risplende una nobiltà perduta. Lo stile del film mi colpì profondamente. Il Neorealismo era stato portato a un livello superiore, nel quale il regista partecipava a tal punto alla narrazione che la linea di demarcazione tra forma e contenuto era stata annullata ed erano gli eventi stessi a definire la forma. Il senso del ritmo di De Seta, il suo uso della macchina da presa, la sua straordinaria abilità nel fondere i personaggi con l’ambiente circostante, furono per me una completa rivelazione. Era un antropologo che si esprimeva con la voce di un poeta.

Martin Scorsese

 

Sgombrando il suo film da ogni struttura drammatica, e limitandosi a rivelare i rapporti di forza senza cercare di ricavarne suggestioni patetiche, insomma raccontando un fatto di cronaca senza fioriture e nel modo in cui con buona probabilità le cose si sono svolte davvero, De Seta elimina tutti gli ostacoli da ciò che cerca: una presa di coscienza. L’itinerario che deve seguire un essere semplice per accedere alla rivolta, dunque alla dignità di sé e della sua dignità d’uomo, si ricollega a quello registico di De Seta. Nulla nel suo film è a priori uno spettacolo piacevole da vedere. Né i personaggi, né le pecore, e nemmeno i personaggi sono destinati a piacere. Ma, secondo l’idea viscontiana, De Seta ne svela la grandezza originale con immagini belle e semplici. Sotto la sua apparenza virgiliana, De Seta ci invita a condannare un ordine di cose che consente il degrado di un ordine naturale.


Jean Douchet, Le bandit d’Orgosolo, “Cahiers du cinéma”, n. 124, octobre 1961

 

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