2001: A SPACE ODYSSEY

Stanley Kubrick

Sog.: dal racconto La sentinella di Arthur C. Clarke. Scen.: Stanley Kubrick, Arthur C. Clarke. F.: Geoffrey Unsworth. M.: Ray Lovejoy. Scgf.: John Hoesli. Int.: Keir Dullea (David Bowman), Gary Lockwood (Frank Poole), William Sylvester (Heywood Floyd), Douglas Rain (voce di Hal), Daniel Richter (Moonwatcher, il capo delle scimmie), Leonard Rossiter (Andrei Smyslov), Margaret Tyzack (Elena), Robert Beatty (Halvorsen), Sean Sullivan (Michaels), Frank Miller (il responsabile della missione), Alan Gifford (il padre di Poole). Prod.: Stanley Kubrick per MGM · 70mm. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

2001 è stato girato nel formato che viene definito ufficialmente Super Panavision 70mm/Cinerama. Nel Cinerama originale, sviluppatosi nei primi anni Cinquanta, le riprese venivano effettuate simultaneamente da tre macchine, in modo da allargare al massimo il campo visivo e avvicinarsi a quello dell’occhio umano. Analogamente, al momento della proiezione bisognava impiegare tre proiettori da 35mm che condividessero la stessa cabina e riversassero le rispettive porzioni dell’immagine su un grande schermo curvo, diviso in tre segmenti. Lo schermo raggiungeva (in termini ottici) i 146 gradi di ampiezza visuale e 55 di altezza.
Nel tentativo di ridurre i costi e ottenere risultati ugualmente spettacolari, intorno alla metà degli anni Sessanta il sistema di ripresa con tre macchine fu abolito a favore dell’Ultra Panavision, che veniva realizzato utilizzando una sola macchina da presa caricata con pellicola da 65mm (capace, dunque, di un’angolazione molto ampia e di una ‘ratio’ simile a quella del Cinerama originario, anche se non più in grado di raggiungere il campo di 146 gradi). […]
All’Ultra Panavision subentrò, verso la fine degli anni Sessanta, il Super Panavision 70, un sistema che continuava a servirsi del marchio Cinerama pur essendo meno ampio del precedente. Anche in questo caso il fotogramma da proiettare misurava 70mm ed era ricavato da un negativo 65mm. È il formato di 2001, che è stato pienamente sfruttato solo in alcune metropoli: in gran parte delle altre città il film è uscito senza l’ausilio dello schermo curvo e, a partire dall’autunno 1968, nel formato ‘normale’ a 35mm. Durante la lavorazione Kubrick ha adoperato più macchine da presa che appartengono sostanzialmente a due tipi: Mitchell per 65mm e Panavision.
Secondo alcuni critici, il Super Panavision 70 è Cinerama solo nel nome; nonostante questo, la visione di 2001 su grande schermo resta un’esperienza mozzafiato che si è ripetuta anche di recente. Nel 2001, data dell’anniversario, alcune sale europee hanno ripresentato il film nello splendore del 70mm.

Giuseppe Lippi, 2001: Odissea nello spazio. Dizionario ragionato, Le Mani, Recco 2008

[…] I luoghi chiusi in Kubrick emanano una luce propria, che rinchiude i personaggi in una sorta di acquario: le toilette e la stanza da bagno in Shining, il bar di Arancia meccanica, il cervello di HAL, l’Hotel Hilton, la camera e la stanza da bagno di 2001 risplendono tutti della luce riflessa dalle loro pareti. Conosciamo l’insistenza di Kubrick sul colore bianco, che ritroviamo quasi ovunque nei suoi film […]. In 2001, i modellini bianchi irradiano luce nel vero senso del termine. È un film in cui la luce è emessa dallo schermo verso gli spettatori. Il rosso è il secondo colore del film in ordine d’importanza, in alcune scenografie che – per ragioni più simboliche che scientifiche – sembrano raffigurare l’interno del corpo umano: si pensi al sottosuolo della base lunare, o ancora alla camera di decompressione dalla quale Dave rientra nel Discovery.
In contrasto con l’elevato numero di immagini luminose del film, alcune inquadrature mostrano l’oscurità esterna in una maniera totale e terrificante. Si pensi alla scena del recupero di Poole morto, dove il découpage visivo e sonoro sottolinea maggiormente l’immensità del vuoto in cui si sviluppa l’azione: la capsula guidata da Bowman e lo scafandro fluttuante che contiene il cadavere di Poole sono mostrati come dei minuscoli isolotti di materia e luce in un oceano di silenzio e notte. È dunque intenzionale che le luci delle stelle, nel cielo di 2001, siano smorte. La sinfonia di luci nel finale risulta in tal modo assai più impressionante.

Michel Chion, Un’odissea del cinema. Il ‘2001’ di Kubrick, Lindau, Torino 2000

Copia proveniente da

Colour grading eseguito nel 1990 su una nuova copia con l’approvazione di Kubrick

Per concessione di Hollywood Classics