Fuori Cinema | Film in TV (ma da vedere) _ giovedì 23 aprile
Oggi siamo nottambuli e vi mettiamo davanti alla TV più o meno verso mezzanotte, tra incursioni horror e incubi pantagruelici. Ma ci sono sempre le piattaforme e un classicone western comodo comodo a ora di pranzo.
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GLI IMPLACABILI (The Tall Men, 1955, 122 min) di Raoul Walsh
[Rai Movie (canale 24), ore 14]
Il Cinemascope è fatto per i funerali e i serpenti, secondo celebre battuta di Fritz Lang. Naturalmente anche per le mandrie in marcia placida o scalpitante dal Texas al Montana, naturalmente anche per le sinuose vette del corpo di Jane Russell. La natura western per Raoul Walsh è “uno spazio meraviglioso percorso dal fremito beffardo della morte”, scriveva il nostro Peter von Bagh. Due fratelli guidano la spedizione, uno tutto giovanile arroganza, l’altro il Clark Gable del 1955, un mondo di avventura e disincanto dietro la fessura degli occhi. Cieli e canyon, i Sioux in agguato, stivali sfilati e infilati su belle gambe di donna: anche Robert Ryan, il padrone della mandria, s’affaccia e pare gradire lo spettacolo, ma poco che conosciamo Jane, non è difficile immaginare nel letto di chi sceglierà di scivolare, alla fine. Non è un film memorabile e nemmeno lontanamente tra i migliori di Walsh, e tuttavia è il film di qualcuno che sapeva “muovere il cinema” (parole sue) con implacabile sicurezza dentro la formula, il codice, la grande norma hollywoodiana.
(P.C.)
Approfondimenti
Recensione d’epoca di Bosley Crowther sul “New York Times”; l’omaggio a Raoul Walsh del Cinema Ritrovato 2012; profilo del regista dall’Enciclopedia del cinema Treccani.
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5 È IL NUMERO PERFETTO (2019, 110 min) di Igor Tuveri
[Sky Cinema Due (canale sky 302), ore 23.30]
Igor Tuveri, in arte Igort, grande fumettista italiano letto e ammirato nel mondo, ci ha messo 13 anni e 10 stesure per adattare su grande schermo il suo omonimo graphic novel, e firmarne la regia. In una Napoli notturna e nebulosa, deserta, lontana da quella livida e frontale alla Gomorra, dove tutto, dalla pioggia alle sparatorie diventano coreografie, si muove il protagonista Peppino Lo Cicero. È un sicario di seconda classe in pensione, interpretato da Toni Servillo, che fa il verso direttamente al Bogart di Casablanca. Scommessa impossibile quella di passare dal disegno al cinema che, invece, Igort vince grazie a uno straordinario lavoro visivo (fotografia, scenografia e costumi) e riuscendo ad uscire dalla solitudine del lavoro del fumettista, immergendosi nel lavoro collettivo di un set. Ritroverete l’amore per il noir francese di Melville, ma anche la bellezza dello spettacolo di Sergio Leone o gli sguardi di John Woo. Un film fisico e sensuale, impregnato di notte e pioggia nella prima parte, di sole liberatorio nella seconda. Come ha scritto Francesco Boille, ‘l’opera prima di Igort ha il fascino di un vecchio film’.
(G.L.F.)
Approfondimenti
Toni Servillo racconta il film; videointervista a Igort; la puntata di “Hollywood Party” da Venezia; recensioni di Gianni Canova, Katia Dell’Eva e Raffaele Meale; scatti dal set.
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TENEBRE (1982, 98 min) di Dario Argento
[Rai Movie (canale 24), ore 01.20]
Dopo i deliri acidi di Suspiria e Inferno, Argento torna alle origini, con un giallo secco e limpido. La tavolozza dei colori si riduce al minimo, l’orrore si manifesta in piena luce, le polveri del gotico lasciano il posto agli appartamenti traslucidi e ultramoderni, il ghirigori si trasforma in linea retta.
In breve, un altro tour de force stilistico di grande impatto innovativo.
Nonostante il titolo, Tenebre è un grande studio sul bianco (striato di rosso). In retrospettiva, oggi si staglia come uno degli Argento-movie più intriganti. Affilato come la lama di un rasoio, con una colonna sonora (gli ex Goblin Simonetti-Pignatelli-Morante) da urlo.
(A.M.)
Approfondimenti
Recensioni della colonna sonora e del film. Una passeggiata tra le location del film.
LA GRANDE ABBUFFATA (La grande bouffe, 1973, 123 min) di Marco Ferreri
[Rete 4, ore 2.50]
Buñuel amava particolarmente questo potente film di Ferreri, che definiva “grande tragedia della carne”: la carne di quattro borghesi cinquantenni (il ristoratore Tognazzi, il giudice Noiret, l’animatore radiofonico Piccoli e il pilota di aerei Mastroianni) che si chiudono in una villa parigina per consumare e consumarsi in un’ossessiva orgia pantagruelica (con qualche parentesi erotica) fino all’estremo limite. Il cibo, l’organico, il fisiologico come dimensioni rivelatrici in una delle più crude e provocatorie rappresentazioni dell’uomo bianco occidentale, in perfetto equilibrio fra scatologia e malinconia, sarcasmo e pietà, ferocia e disperazione. Sceneggiatura dello stesso Ferreri con Rafael Azcona, fotografia Eastmancolor di Mario Vulpiani, dai cromatismi caldi come miraggi. Presentato a Cannes, suscitò ridicole reazioni di isteria che, come al solito, decretarono il successo di scandalo del film.
(R.C.)
Approfondimenti
Critica del film di Maurizio Grande; lo scandalo al Festival di Cannes secondo la Tv francese dell’epoca (video in francese); l’attrice Andréa Ferréol racconta la sua esperienza sul set (video).
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Dai cataloghi delle piattaforme online:
TOKYO FAMILY (2013, 146 min) di Yoji Yamada
[Disponibile su Rai Play (film di Fuori orario)]
Per godere questo film non c’è bisogno di sapere che è un omaggio al più grande regista della storia del cinema giapponese Yasujiro Ozu. Non c’è bisogno nemmeno di sapere che Yoji Yamada aveva avuto la fortuna di essere il giovane assistente del Maestro e che la storia di questa famiglia è la stessa che Ozu raccontò nel 1953 in Viaggio a Tokio. Là, c’era un paese uscito dalla guerra, devastato nel corpo e nell’anima dal massacro di Hiroshima; qui c’è un Giappone che è stato da poco investito da uno tsumani che ha causato il disastro nucleare di Fukushima. Nell’uno e nell’altro caso le conseguenze si manifestano in un nucleo familiare che diventa simbolo di un’intera società che il tempo non ha cambiato. La distanza tra le vecchie e le nuove generazioni sembra sempre incolmabile, i contrasti tra la tradizione e la modernità si ripropongono identici. La risposta non può che essere la medesima. Un cinema dal respiro profondo, che inquadra i personaggi e le loro miserie con amore e che a dispetto della fragilità e dell’incongruenza umana comunica una forza composta, straordinariamente gentile. La Cinquecento scassata del figlio minore, apparentemente la pecora nera della famiglia, non è la sola cosa che ci fa sorridere di commozione.
(M.Z.)
Approfondimenti
Recensione e trailer del film, intervista a Linsday Anderson su Tokio Story e sequenza tratta da Tokyo-Ga di Wim Wenders.
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