29/06/2016

Cinefilia Ritrovata, ‘A Streetcar Named Desire’

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Dal vapore della stazione di New Orleans appare, con aria smarrita, Blanche DuBois, appena giunta in città dal Mississippi. Si avvicina a un giovane marinaio, sta cercando un tram chiamato Desiderio. Elia Kazan apre così uno dei suoi film più celebri, A Streetcar Named Desire, del 1951. Una volta salita su quello dovrà poi prendere il tram Cimiteri, per arrivare a Campi Elisi, questo l’itinerario, più che altro una parabola programmatica, che la condurrà fino alla sorella Stella, sposa di Kowalski.

La trova, ma non nel luogo accogliente e raffinato che si aspettava, bensì in una casa fatiscente nel peggior quartiere della città che ” solo la penna di Edgar Allan Poe poteva descrivere”. Conosce così il cognato Stanley, figlio di immigrati polacchi rude, scurrile, affascinante. La presenza di Blanche in casa diventa elemento di disturbo per la coppia, costretta a continue altalene tra giogo e passione. Lei, cosi evanescente, teatrale, impregnata di letteratura e poesia, non fa altro che desiderare il bello, il romantico, il meglio.

Durante una delle solite animalesche partite a poker in casa Kowalski, un amico di Stanley – Mitchell – scambia alcune parole gentili con Blanche, la quale, rimasta vedova giovanissima, vede in lui, sensibile e buono in confronto ai compagni di gioco, l’occasione per ricominciare lontano dal passato. Ma è quando sembra che tutto possa avere un esito positivo che inizia l’ecatombe. Alla povera Blanche rimane solo la follia: Il capolinea del suo tram non si chiama Felicità.

Adattamento cinematografico dell’omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams, il film vanta performance recitative straordinarie tra le quali spiccano, ovviamente, quelle di Vivian Leigh e di un giovane Marlon Brando, che aveva già portato in scena il copione originale a Broadway. Visibilmente in confidenza col personaggio, è un piacere vedere come vesta comodamente i panni di questo “cattivo” strafottente, orgogliosamente stelle e strisce, amabile quanto brutale.

L’Academy onorò la pellicola di quattro Oscar e otto candidature, tra cui miglior colonna sonora. Infatti il ritmo del film è perfetto, complice la musica composta da Alex North, e ricama assieme frammenti esilaranti e drammatici. La scrittura degli strepitosi dialoghi tra Brando, lanciato con questo film nell’Olimpo delle celebrità americane, e la Leigh, rivelano tempi e modalità di origine teatrale forse ancora più efficaci sul grande schermo.

 

Beatrice Caruso