27/06/2016

Marie Epstein, cineasta

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Per secoli l’arte è stata una prerogativa maschile. Alle donne è quasi sempre stato impedito di esprimersi sul mondo in cui anche loro vivevano e, fino a tempi recentissimi, le artiste rappresentavano un’eccezione.

Il cinema, pur essendo nato proprio mentre i movimenti femministi iniziavano a sgretolare lo strapotere maschile e le donne cominciavano ad affermarsi in campi che fino a pochi anni prima erano loro interdetti, ha perpetrato questa modalità. A lungo i film sono stati il luogo dello sguardo maschile sulla donna, ed esiste un’ampia letteratura sul diverso modo in cui sono stati mostrati gli attori e le attrici sul grande schermo. Ciò è potuto avvenire anche perché per tanti decenni le registe sono state ben poche, e non hanno potuto prestare al cinema il loro occhio. Eppure cosa sarebbe stato di Hitchcock se non avesse potuto contare su Alma Reville, che seguiva le sue produzioni dall’ideazione alla distribuzione? E sicuramente i film di Scorsese sarebbero molto diversi senza la mano di Thelma Schoonmaker in cabina di montaggio.

Per questo diffondere l’opera delle donne che sono riuscite, nonostante tutto e tutti, a far valere la propria presenza nella Settima arte, ha un valore fondamentale, che va oltre l’essere solo un gesto simbolico. Significa infatti riappropriarsi della possibilità di vedere le cose in un altro modo.

Tra le prime donne a fare cinema attivamente, spicca indubbiamente la figura di Marie Epstein, sorella del più noto Jean Epstein. Perché lei? Il motivo è semplice: Marie Epstein non era solo una regista ma, come lei stessa si definiva, una cineasta. Attrice, sceneggiatrice, montatrice, poi restauratrice e archivista alla Cinémathèque française, ha vissuto per il cinema e dentro il cinema tutti i 95 anni della sua vita.

Nata a Varsavia nel 1899, nel 1908 emigrò con il fratello in Francia, dove iniziò a scrivere e recitare per lui, finché nel 1928 non si mise dietro la macchina da presa, al fianco del suo amico e co-regista Jean Benoît-Lévy. La guerra e l’occupazione tedesca frenarono bruscamente la carriera di Esptein, ebrea, che, dopo la liberazione, proseguì solo con alcuni documentari. Certo però non abbandonò la sua passione, e sotto l’egida di Henri Langlois divenne il cervello e il cuore degli archivi della cineteca parigina, consacrando il resto della sua vita al restauro e alla preservazione dei film, dedicandosi soprattutto all’opera di Jean (ma a lei si deve anche il restauro del Napoleone di Abel Gance e la prima rigorosa archiviazione dei filmati Lumière).

Si potrebbe discutere per ore se davvero esista una differenza nel modo di recepire e poi restituire il mondo tra donne e uomini, e per più tempo ancora se questa eventuale differenza sia intrinseca alla natura umana oppure una costruzione sociale. Marie Epstein credeva in questa distanza, ma invece di farne terreno di scontro, ha sempre affermato che i film che aveva girato assieme a Benoît-Lévy nascevano proprio dall’incontro tra i loro diversi approcci alla realtà. Uno sguardo composito, dunque, come composita è stata la lunghissima carriera di Marie Epstein. In collaborazione con la Cinémathèque française, la Cineteca di Bologna cerca allora di offrire al pubblico del festival Il Cinema Ritrovato una rassegna che comprenda tutte le ramificazioni della sua opera. Si potranno ammirare i film da lei scritti, quelli da lei diretti, quelli ai quali ha semplicemente collaborato, ma si potrà anche vederla davanti all’obiettivo, in Cœur fidèle, dove recita per Jean. Un omaggio dovuto, e non solo per ritrovare un’artista ignota ai più, ma anche perché proprio la Cineteca di Bologna è tra i più importanti continuatori del lavoro pioneristico di Epstein come restauratrice. Un fil rouge che dalla Polonia attraversa la Francia per arrivare in questi giorni a Bologna, e dai cui intrecci nasce Marie Epstein, cineasta, uno dei rarissimi omaggi ad una donna che, in tanti modi diversi, al cinema ha dedicato la sua intera esistenza.

Marcello Bonini, Il Cinema Ritrovato News