Brand X
Sog. e Scen.: Wynn Chamberlain. F.: John Harnish. M.: Wynn Chamberlain, John Harnish, Mike Misch. Mus.: Ken Lauber. Int.: Taylor Mead, Sally Kirkland, Frank Cavestani, Tally Brown, Ultra Violet; Abbie Hoffman, Candy Darling, Sam Shepard, Madalyn LLoyd, Sam Ridge, Joy Bang, Jim Huff, Susan Baumgartner, John Long, Jim Maya. Prod.: Wynn Chamberlain. DCP. D.: 87′. Col.
Scheda Film
Wynn Chamberlain era un artista di successo della New York degli anni Sessanta. Viveva e lavorava al 222 di Bowery ed era amico di Andy Warhol, Willem de Kooning, Larry Rivers, William Burroughs, Brion Gysin, Frank O’Hara e Jonas Mekas. Nel 1969 scrisse e diresse l’innovativo Brand X (uscito nel maggio del 1970) interpretato da Taylor Mead e amato da Marcel Duchamp, che andò a vederlo più volte all’Elgin Theater di New York. Nel 1971 Chamberlain andò in India, dove visse per vent’anni. Nel 1997 si è trasferito in Marocco, a Marrakech. Taylor Mead, poeta, artista e attore americano, è apparso in più di venti film sperimentali di Andy Warhol, Jack Smith e Ron Rice ed è una figura nota e amatissima della scena artistica newyorkese.
Brand X usa la banalità della programmazione televisiva come cornice per esporre e ridicolizzare la politica e i tabù dell’epoca. È un film sovversivo nel suo minare e smontare la tv generalista fino a metterne in dubbio la razionalità e l’attendibilità. Oggi, quando ci si appresta a guardare Brand X, è importante ricordare che il film fu realizzato sei mesi dopo gli omicidi di Martin Luther King e Robert F. Kennedy. Richard Nixon era appena diventato presidente degli Stati Uniti, e due settimane dopo la prima newyorkese di Brand X si svolsero i fatti dell’Università dell’Ohio, dove la Guardia Nazionale nel giro di soli 13 secondi sparò 67 colpi su un gruppo disarmato di studenti che protestavano contro l’invasione statunitense della Cambogia. Quattro studenti morirono, nove restarono paralizzati per sempre e molti rimasero feriti. Il biennio 1968-69 fu un periodo disastroso, tanto che Lil Picard, che era sopravvissuta alla catastrofe tedesca degli anni Trenta, sulla rivista “inter/VIEW” paragonò quegli anni agli ultimi giorni della Repubblica di Weimar, quelli che precedettero l’avvento di Hitler, e ricordò il primo verso di una poesia scritta negli anni Trenta dal celebre drammaturgo Bertolt Brecht: “Davvero vivo in tempi bui”. Picard, commentando Brand X nel 1970, predisse che “Questo film potrà un giorno diventare una commedia brechtiana della verità, metafora profetica delle tante cose che presto vivremo in America”. E così fu. Come la libertà di Weimar fu seguita dalla repressione nazista, il desiderio di verità e giustizia negli Stati Uniti alimentò il Festival di Woodstock, i Sette di Chicago, le Pantere Nere e tanti altri gruppi rivoluzionari che inevitabilmente cedettero il passo a una tendenza reazionaria, la quale iniziò con Nixon, fu normalizzata da Gerald Ford, venne resa attraente da Ronald Reagan e raggiunse un’intensità inusitata con gli attacchi alla Costituzione degli Stati Uniti e ad altre istituzioni condotti da George W. Bush. In Brand X, però, si ride. Per citare Abraham Lincoln, “Con la terribile pressione che abbiamo su di noi notte e giorno, se non ridessi morirei”. Ci si può scagliare con veemenza contro i potenti che si proclamano padroni del mondo, ma ridere di loro come fa Brand X suscita sollievo e gratitudine. Ridere dei malefici dei potenti, però, può essere pericoloso. Brand X fu ostracizzato proprio perché era il primo a farlo.
Wynn Chamberlain