Midnight Mary

William A. Wellman

Sog.: Anita Loos. Scen.: Gene Markey, Kathryn Scola. F.: James Van Trees. M.: William S. Gray. Scgf.: Stan Rogers. Mus.: William Axt. Int.: Loretta Young (Mary), Ricardo Cortez (Leo), Franchot Tone (Tom), Andy Devine (Sam), Una Merkel (Bunny), Charles Grapewin (Clerk), Frank Conroy (procuratore distrettuale). Prod.: Lucien Hubbard per Metro-Goldwyn-Mayer Corp. 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Cinquantacinque anni prima che John Carpenter fornisca al Roddy Piper di Essi vivono un paio di occhiali neri che permettono di vedere i messaggi subliminali disseminati nella società, Wellman conferisce gli stessi poteri alla protagonista di Midnight Mary, interpretata da Loretta Young. A lei però bastano due splendidi occhi per capire quello che strillano in realtà le insegne di Broadway: “non c’è lavoro”, il tombale bollettino dell’epoca. È una delle sequenze più suggestive del film (e del cinema) e il suo momento più pregnante, per il messaggio ma soprattutto per gli occhi di Loretta Young. Quegli occhi dominano il film: spuntano sopra la copertina di un rotocalco e da sotto il banco di un giudice, brillano dietro le sbarre della prigione e dicono sempre la verità, anche quando il corpo è costretto a mentire per sopravvivere. Midnight Mary si apre con una scena tipicamente wellmaniana e mostra Mary in tribunale, processata per omicidio. Seduta in cancelleria ad attendere il verdetto, la giovane ripensa agli eventi che l’hanno portata fin qui. La struttura narrativa basata sul flashback, il cui tono e ritmo fanno pensare a Je t’aime, je t’aime di Resnais, trascina lo spettatore nel passato di Mary. La sua storia si snoda sullo schermo, e lo scorrere avanti e indietro delle immagini sottolinea l’impossibilità di un riscatto. A proposito delle donne ritratte da Wellman prima che entrasse in vigore il codice Hays, Michael Henry Wilson ha scritto: “L’eroina è raramente oggetto di corteggiamento romantico. Ben più spesso è vittima della lussuria, del voyeurismo e dei brutali approcci maschili”. Questo aspetto può essere più esplicito in film quali Safe in Hell (1931) e Dangerous Paradise (1930), ma le situazioni in cui si trova Mary non sono diverse: la sua sopravvivenza è definita unicamente dai desideri degli uomini. Tra questi uomini ci sono anche i membri della giuria chiamati a decidere la sua sorte, nonché il Tom interpretato da Franchot Tone e il suo adorabile compare (Andy Devine, il quale collaborerà con Wellman in altri sette film), che pur essendo gentili e intenzionati a offrirle un lavoro onesto sono comunque guidati da impulsi di natura sessuale. L’eloquente primo flash-back ci mostra Mary bambina mentre stringe a sé una statuetta rotta trovata in una discarica e apprende della prematura morte della madre. La vita (e il film) per lei continua, ma non supererà mai veramente quel momento, quell’immagine, la macchina da presa (la linea dello sguardo di due poliziotti) che scruta una Mary cenciosa e terrorizzata, in un’infinita distesa di ciarpame. 

Gina Telaroli 

 

 

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