BLUES IN THE NIGHT
Sog.: dalla pièce Hot Nocturne di Edwin Gilbert. Scen.: Robert Rossen. F.: Ernie Haller. M.: Owen Marks, Don Siegel. Scgf.: Max Parker. Mus.: Heinz Roemheld. Int.: Priscilla Lane (Ginger ‘Character’ Powell), Betty Field (Kay Grant), Richard Whorf (Jigger Pine), Lloyd Nolan (Del Davis), Jack Carson (Leo Powell), Wallace Ford (Brad Ames), Elia Kazan (Nickie Haroyan), Peter Whitney (Pete Bassett), Billy Halop. Prod.: Warner Bros. Pictures. DCP. D.: 88’. Bn.
Scheda Film
Il nono e ultimo film di Anatole Litvak per la Warner è un musical noir, un vero gioiello sui piaceri del jazz e sulla corruzione che minaccia il sogno americano. Qui il sogno è trovare la pura espressione musicale, il “vero blues”. Un gruppo di spiantati musicisti jazz attraversa gli Stati Uniti vivendo di espedienti finché non s’imbatte in un gangster evaso che apre un locale in cui far suonare la band. L’atmosfera avvelenata (scommesse illegali, una femme fatale) compromette il cameratismo tra i membri del gruppo. Il film andò in produzione con il titolo provvisorio Hot Nocturne. Per un colpo di fortuna la title track eseguita dalla Jimmy Lunceford Orchestra (che appare in un cameo) divenne un successo ancor prima dell’uscita del film; per la distribuzione gli studios optarono così per il titolo Blues in the Night. Il brano fu poi candidato all’Oscar per la migliore canzone.
Anche nei film non musicali di Litvak musica e danza erano spesso parte integrante della storia, facendo affiorare legami collettivi e stabilendo le dinamiche dei personaggi in modo veloce e preciso. In City for Conquest, inoltre, il tema della musica serviva a mettere in luce questioni quali il riconoscimento e l’integrità dell’artista, nonché la sua propensione al compromesso. La sceneggiatura di Blues in the Night, inizialmente scritta da John Wexley, collaboratore abituale di Litvak, e poi affidata a Robert Rossen quando la stesura di Wexley fu respinta, è percorsa da echi della vivida voce di Rossen. Qui, come nella metafora antifascista che Rossen scrisse per Litvak in Out of the Fog, dittatori da tre soldi sotto le spoglie di membri della criminalità organizzata sono funzionali a un’aspra denuncia degli effetti devastanti di una società fondata sulla ricerca del profitto. La sceneggiatura di Rossen usa il linguaggio del jazz in maniera corretta e convincente e lo combina deliziosamente con il gergo dei film di gangster (“Quando suona il tremolo vuol dire che sta per scoppiare una grande rissa”) stabilendo al contempo rituali affascinanti, come l’accensione di una sigaretta a sottolineare apprezzamento per il talento del musicista. Grazie a Rossen e al montaggio frenetico del futuro regista Don Siegel, il film consente alla vena espressionistica e poetico-realista di Litvak di mantenere un ritmo costante e trascinante.
Ehsan Khoshbakht