STORNELLATA ROMANA
F.: Franco De Paolis. Mus.: Carlo Innocenzi. Canzoni: Carlo Innocenzi, Marcella Rivi. Int.: Diana Lori (Gina Lollobrigida), Massimo Sallusti. Prod.: Zeus Film. DCP. Bn
Scheda Film
Pensi a Pietro Francisci e la prima cosa che ti viene in mente è, con tutta probabilità, Ercole. Il regista è stato infatti uno dei campioni indiscussi del cinema avventuroso e mitologico del dopoguerra italiano, con titoli di sagace presa popolare come Il leone di Amalfi, La regina di Saba e, appunto, Le fatiche di Ercole (il film che, assicura Mario Bava, con i suoi incassi record “salvò il cinema italiano”). Il percorso di Francisci, in realtà, parte da molto lontano, con una ricca produzione di cortometraggi iniziata verso la metà degli anni Trenta e proseguita lungo tutti i Quaranta. Tra i vari ‘generi’ da lui praticati (con una particolare predilezione e abilità nel documentario d’arte e nelle sinfonie urbane), spicca un gruppetto coeso di bozzetti amorosi che si librano sulle ali di celebri brani della tradizione popolare napoletana e romana.
In quegli stessi anni, una giovane provinciale cerca di farsi strada nel mondo dello spettacolo con comparsate cinematografiche e concorsi di bellezza. Ottiene buoni riscontri anche sulle pagine dei fotoromanzi, dove si fa chiamare Diana Loris. La ragazza in questione diventerà una star planetaria con il nome di Gina Lollobrigida. Quasi per niente documentati sono i suoi esordi da protagonista nei corti canterini di Francisci. Ne proponiamo tre (Stornellata romana, ‘Na sera ‘e maggio, ‘O sole mio!), dove sparisce una “s” dal suo provvisorio nome d’arte e rimane indelebile quel magnetismo che l’ha portata nell’empireo.
A complemento, due interpretazioni di un’altra giovane di belle speranze che non avrà altrettanto fortuna, Anna Nievo: un’incursione nella nostalgia del café chantant (Come facette mammeta?, impreziosito dalla presenza sciantosa di Diana Nava) e il romanzetto sentimentale tra la contadinella e il pescatore in Marechiare.
I corti di questa serie sono un distillato di splendore semplice: un immaginario vicino a quello dei fotoromanzi coevi, una cornice narrativa ridotta all’osso che attende l’arrivo della canzone del titolo per dispiegare tutto il proprio potenziale romantico, un florilegio di scorci cartolineschi che ci invitano a immergerci in questi mondi fiabeschi. In realtà Francisci, qui come in molte altre prove della sua carriera, sa padroneggiare ogni dettaglio con assoluta efficacia, dimostrando come la semplicità, per essere bella, sia un traguardo che richiede un talento non comune.
Andrea Meneghelli