THE NEGRO SOLDIER

Stuart Heisler

Scen.: Carlton Moss. F.: Allen Q. Thompson, Paul Vogel, Horace Woodard. M.: Jack Ogilvie. Scgf.: Haldane Douglas. Mus.: Howard Jackson, Albert Glasser, Paul Horgan, Meredith Willson, Earl Robinson, Dimitri Tiomkin. Int.: William Broadus (Jim), Clarence Brooks (Chaplain), Carleton Moss (il pastore), Bertha Wolford (signora Bronson), Norman Ford (Robert Bronson). Prod.: Frank Capra per U.S. War Department 35 mm. D.: 43’.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Questo film è considerato un “punto di svolta nell’uso del cinema per promuovere la tolleranza razziale”, e Heisler aveva già affrontato la tematica con risultati sorprendentemente buoni in The Biscuit Eater (1940). Hollywood mostrava scarso interesse per la tematica razziale, se si eccettuano le opere scritte da autori comunisti come Lester Cole (None Shall Escape) e John Howard Lawson (Sahara) che rappresentarono gli afroamericani come parte attiva nella lotta democratica contro il fascismo. Tuttavia, in questo filone The Negro Soldier fu forse il solo scritto da un afroamericano, Carlton Moss. I film sui neri erano ‘sermoneggianti’ o ‘blueseggianti’ (rara eccezione, il film del 1929 di King Vidor Hallelujah!, che era entrambe le cose). The Negro Soldier rientra nella prima categoria (anche se vi appare di sfuggita il padre del blues, W.C. Handy), adottando la forma di un sermone con cui viene narrata a un pubblico di neri la storia del contributo dato dagli afroamericani alla costruzione degli Stati Uniti. Ma l’immagine familiare del pastore sul pulpito produce un duplice shock: si tratta dello stesso Moss, e il libro che tiene in mano è il Mein Kampf, dal quale legge il punto di vista di Hitler sulla razza nera. La forma sermoneggiante trae nuovo impulso dalla sovrapposizione tra l’autore della storia narrata e il personaggio del pastore. Heisler evita di predicare e si esprime per immagini: ai Giochi olimpici di Berlino del 1936 gli atleti tedeschi e giapponesi sono sconfitti, e a vincere è un afroamericano; un nero dirige un’orchestra mista che esegue la Nona di Beethoven. Heisler e Moss mescolano estratti da film di finzione, ricostruzioni di eventi reali e cinegiornali, ma il loro punto di vista sulla tolleranza razziale era forse eccessivo per l’esercito, che chiese il taglio di alcune scene, come quella in cui a comandare le truppe è un ufficiale nero o quella in cui un’infermiera bianca massaggia un soldato nero. Ciò non impedì alla stampa black e ai soldati afroamericani di apprezzare il film e di considerarlo un passo avanti nella rappresentazione dignitosa del loro popolo.

Ehsan Khoshbakht

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

National Archives at College Park – Special Media Archives Services Division (RDSM)