HARAKIRI

Fritz Lang

R.: Fritz Lang. S.: da Madame Butterfly di John Long e David Belasco. Sc.: Max Jungk. F.: Max Fassbender. Scgf.: Heinrich Umlauff. In.: Paul Biensfeldt (Tokujawa), Lil Dagover (O-Take-San), Georg John (il bonzo), Meinhardt Maur (il principe Matahari), Rudolf Lettinger (Karan), Erner Hübsch (Kin-Be-Araki). 1647m. D.: 85’. 35mm.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Madame Butterfly è uno degli archetipi più stabili di questo secolo, ma quando il personaggio prese vita, sicuramente esso non era ancora al di fuori del tempo: si trattava piuttosto di un’immagine momentanea dei rapporti in corso tra il Giappone e l’Occidente. Butterfly rappresentava uno degli aspetti dell’interesse per la cultura giapponese nato nella seconda metà dell’Ottocento in Europa e negli Stati Uniti. Nella storia culturale di fine Ottocento e inizio Novecento questo fenomeno prende il nome di Giapponesismo. Esso fa seguito alla cosiddetta “apertura” del Giappone, la fine imposta dall’Occidente a secoli di isolamento. Intorno al 1860 gli occidentali possono finalmente viaggiare di nuovo in questo arcipelago: avventurieri, scienziati e commercianti visitano il paese e scrivono resoconti. I prodotti artigianali giapponesi vengono importati in Europa, causando una piccola rivoluzione soprattutto tra gli artisti: un’altra concezione della prospettiva e dell’inquadratura, sorprendenti tecniche di stampa e decorazioni di buon gusto di porcellane o lavori in lacca – tutto ciò suscita un’impressione stimolante. Nascono riviste specializzate, i commercianti si arricchiscono, i resoconti di viaggio diventano bestseller: in breve, il Giappone diviene una meta turistica e un luogo capace di stimolare fantasia e immaginazione occidentali. […]

Nel pieno di questo processo viene pubblicato Madame Crysanthème di Pierre Loti. A breve distanza, nel 1892 e nel 1894, in Francia viene data a Chrysanthème una nuova dignità: rispettivamente come protagonista di un’opera lirica e come autrice di un diario.

Il libretto dell’opera lirica Madame Chrysanthème, basato sul racconto di Loti, venne scritto da Georges Hartmann e André Alexandre; il famoso compositore e direttore d’orchestra francese André Messager ne scrisse la musica. L’opera, popolare fino all’inizio di questo secolo (così come il Giapponesismo), è poi stata velocemente dimenticata.

Nel 1876 Félix Régamey, insieme a Emile Guimet, visita il Giappone. Nel 1894 viene pubblicato il suo Le Cahier Rose de Mme Chrysanthème. Oltre a un saggio introduttivo con un pungente attacco a Loti, il libro contiene il “diario” di Chrysanthème. Régamey riscrive la storia del matrimonio dalla parte di Chrysanthème: Loti appare così un occidentale goffo, un marito viziato e ottuso che si rifiuta di riconoscere l’affetto intriso di malinconia della sua sposa giapponese.

Dopo il 1898, Chrysanthème quasi scompare dal palcoscenico per divenire Butterfly nel racconto Madame Butterfly pubblicato dall’avvocato americano John Luther Long sulla rivista Century Magazine on è chiaro se il diario “rosa” di Chrysanthème, di Régamey, fosse conosciuto anche negli Stati Uniti. Il libro di Loti lo era, anche se John Luther Long negava di avervi basato la sua storia.

Nel 1900 un maestro del melodramma vittoriano, l’americano David Belasco, insieme a John Luther Long, trasforma il racconto in un atto unico dallo stesso titolo, Madame Butterfly. Anche l’opera di Belasco sarebbe oggi storia teatrale dimenticata se non fosse per Giacomo Puccini, che ne vide l’esecuzione londinese al teatro Duke of York nel 1900, alcuni mesi dopo la prima americana. Puccini, sempre alla ricerca di materiale per le sue opere, riuscì a seguire la rappresentazione senza conoscere l’inglese – un punto di partenza importante per un’opera lirica. Con libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, nel 1904 viene eseguita la prima versione della sua opera Madama Butterfly alla Scala di Milano. La prima è un disastro (pubblico insoddisfatto, disturbi durante la rappresentazione), ma, dopo alcune modifiche, l’opera acquista nel 1907 la sua versione definitiva, che ancora oggi viene messa in scena con successo.

Dopo il successo dell’opera lirica, anche il cinema si unisce, naturalmente, alla kermesse delle rivisitazioni di Butterfly. Nel periodo del muto – quindi sempre negli anni del Giapponesismo, delle cineserie e dell’esotismo – l’oggetto-Butterfly viene utilizzato in tre film: Madame Butterfly (di Sidney Olcott, 1915, con Mary Pickford), Harakiri (di Fritz Lang, 1919) e The Toll of the sea (di Chester Franklin, 1922).

Verso la metà degli anni Venti il Giapponesismo è ormai passato di moda. Rimane un riferimento per molte forme d’arte, ma non costituisce più la “follia” dell’élite culturale dei salotti. Le successive versioni cinematografiche della storia di Butterfly sono casuali imitazioni, un gioco con l’archetipo che tutti conoscono.

“In Germania, nel 1919, Fritz Lang affronta il soggetto della Butterfly. Il titolo ufficiale del film è Harakiri, ma l’unica copia di cui siamo in possesso, ritrovata nel 1986 nell’archivio del Nederlands Filmmuseum, riportava il titolo Madame Butterfly, e il sottotitolo secondo l’opera lirica di fama mondiale in sei atti: non è chiaro se le copie tedesche abbiano mai avuto anche questo sottotitolo al momento della loro uscita.

La Butterfly di Fritz Lang, timida e serena, è interpretata da Lil Dagover; l’ambientazione del film risulta molto più ricca di quella dell’opera lirica. L’autore della sceneggiatura, Max Jungk, in collaborazione con Fritz Lang, riesce inserire la vicenda nel contesto della vita giapponese: Harakiri non è soltanto la storia delle sventurata Butterfly, un melodramma dall’atmosfera esotica, ma un’opera ricca di sensibilità per la complessità della cultura giapponese. I codici d’onore, di fedeltà e di dovere, tipici della società giapponese, vengono qui evidenziati perfino nelle figure secondarie. […]

Fritz Lang è il maestro dello sguardo perverso, l’alchimista della colpa e della punizione alla quale soccombono soprattutto gli innocenti: la problematica di Butterfly non può essere resa esplicita e il film ne mostra l’ambiguità in modo forte e intelligente. […]

(Peter Delpeut, Cinegrafie, n. 7)

Copia proveniente da

Del quarto film realizzato da Fritz Lang, ispirato ai temi della Butterfly, si è ritrovata alcuni anni fa una copia presso il Nederlands Filmmuseum che conteneva complesse combinazioni di viraggi ed imbibizioni, alcune delle quali molto decadute. Il film fu restaurato e presentato in tutto il mondo. I sistemi di restauro recentemente messi a punto, in particolare il cosiddetto metodo Desmet, hanno consentito molto recentemente un nuovo restauro che permette di comprendere appieno lo straordinario fascino di una delle migliori opere giovanili di Fritz Lang.