DOWNHILL

Alfred Hitchcock

R.: Alfred Hitchcock. S.: da un lavoro teatrale di Ivor Novello e Costance Collier. Sc.: Eliot Stannard. F.: Claude L. McDonnell. In.: Ivor Novello (Roddy Berwick), Ben Webster (dr. Dowson), Robin Irvie (Tim Wakely), Sybil Rhoda (Sybil Wakely), Lilian Braitwaite (lady Berwick). P.: Michael Balcolm per la Gainsborough. 2378m. D.: 80’. 35mm.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“L’accoppiata Hitchcock-Novello parve così fruttuosa ai produttori che, l’anno seguente, la società Gainsborough affiderà a Hitchcock l’adattamento cinematografico di un lavoro teatrale scritto da Novello, Downhill (1927), nel quale il popolare attore interpreterà ovviamente la parte principale. Per i critici dell’epoca, fu una grande delusione. Il loro giudizio, obiettivamente, ci pare severo e ingiusto. Si direbbe che quei critici si fossero fatti un’idea sbagliata di Hitchcock (non sarà certo l’ultima volta!) e rimproverassero al regista di non confermarla. In effetti, rivisto oggi, Downhill rivela numerose qualità e nulla vieta di preferirlo a The Lodger.

Per prima cosa, occorre notare che il soggetto – qualunque sia il suo valore – non possiede nessun carattere poliziesco o angosciante. Dopo il successo di The Lodger, sarebbe stato facile per Hitchcock diventare uno specialista di questo genere. Preferì, invece, rivolgersi altrove. Sarà soprattutto il successo che lo indurrà in seguito a rintanarsi nelle storie poliziesche. Ma anche quando ha affrontato questo genere, Hitchcock ha sempre dimostrato una grande libertà. Downhill fu per lui, soprattutto, l’occasione di curare fino alla perfezione tre sequenze sfoggiando le sue doti di creatore di atmosfere, di osservatore satirico e di virtuoso della macchina da presa.

Il collegio, all’inizio del film, è di rara verità: la sequenza abbonda di notazioni divertenti o critiche. I profili dei professori, degli studenti, dei genitori, sono tracciati con mano sicura. Ma Hitchcock si rivela soprattutto un valente pittore delle turpitudini. A tale riguardo, la scena del locale notturno parigino presenta una galleria di ritratti d’una precisione e d’una crudeltà terrificanti: i volti di quelle donne appassite, dagli occhi avidi e le guanche flaccide, giustificano un termine come misoginia, così spesso richiamato a proposito di Hitchcock. Sono certamente queste le “femmine mostruose” che il protagonista di Shadow of a Doubt (1943) sopprimerà sistematicamente. Vedremo più avanti che la misoginia è solo apparente e trae origine da un’altissima concezione della donna.

Osserviamo infine che in Downhill interviene, per la prima volta, la nozione di itinerario: la ritroveremo di frequente”.

(Eric Rohmer e Claude Chabrol, Hitchcock, Venezia, Marsilio, 1986)

Copia proveniente da

Restauro realizzato da

Una splendida copia dai colori sgargianti, restaurata dal Nederlands Filmmuseum, ci permette di rivedere uno dei film meno noti e considerati dell’attività inglese di Hitch.