SCHATTEN

Arthur Robison

R.: Arthur Robison. S.: Albin Grau. Sc.: Arthur Robison, Rudolf Schneider. F.: Fritz Arno Wagner. Scgr.: Albin Grau. In.: Fritz Kortner, Ruth Weyher, Gustav von Wangenheim, Alexander Granach, Eugen Rex, Max Gölstorff, Ferdinand von Alten, Fritz Rasp, Karl Platen, Lilli Herder. P.: Pan-Film. D.: 59’. 35mm.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Era stato il pittore Albin Grau a fornire a Robison l’idea di questo racconto: un marito geloso, irritato dalla moglie che si lascia corteggiare da quattro cavalieri, uno dei quali sospettato di esserne l’amante. Durante una cena entra nella sala una sorta di illusionista che allieterà i convitati con dei giochi d’ombre. Questo misterioso personaggio, che ha intuito che sta per avvenire una tragedia, ipnotizza i presenti e poi sul muro lascia agire le loro ombre, facendogli fare esattamente quello che avevano determinato, ove fossero stati dominati dall’istinto. Poi le ombre ritornano ad integrarsi ai loro rispettivi proprietari che si destano dall’incubo: la serenità torna in famiglia, l’amante si diparte insieme agli altri. E sorge la luce del nuovo giorno.

Come tutte le opere dell’espressionismo, la situazione evocata da Schatten può apparire melodrammatica quanto assurda, ma il rendimento visuale del film, con la splendida fotografia di Fritz Arno Wagner che alterna luci ed ombre in un ellittico gioco di chiaroscuri, la stilizzata recitazione degli attori, il ritmo ieratico imposto dalla regia, creano come un balletto silente, una metaforica pantomima punteggiata dalle ombre proiettate sui muri o sulle finestre illuminate da luci esterne come minacciosi segnali, alla pari di quegli specchi che riflettono immagini diverse.

(Vittorio Martinelli, Cinegrafie, n.7)

“Nessun film della stagione dell’espressionismo ha riflettuto più di Schatten sulla natura di ombra del cinema. L’ombra come la luce è il cinema, ma il suo carattere ambiguo, la sua insondabile immaterialità rendono l’identificazione dell’ombra con il cinema più oscura e problematica. Ogni segno, gesto, persona che appare sullo schermo è un’ombra illuminata dalla luce, fatta vivere dal fascio chiaro della proiezione nella sala cinematografica. La luce del proiettore trasforma l’ombra impressionata in profilo dinamico, mobilità colorata. Ma l’ombra resta nascosta nel cuore stesso dell’immagine per poi rivelarsi di colpo, negli interstizi della proiezione, o nel visibile stesso. Un film come Schatten fa dell’orizzonte delle ombre il centro stesso della rappresentazione filmica, affrontandone insieme le valenze psichiche e quelle cinematografiche, le implicazioni simboliche e le potenzialità visive”.

(Paolo Bertetto, Cinegrafie, n.7)

 

Copia proveniente da

La base della ricostruzione è stata una copia della versione francese, conservata dalla Cinémathèque Française, di 1643m. Alcuni errori di montaggio presenti in quella copia sono stati corretti; inoltre è stato possibile inserire alcune sequenze provenienti da una copia della versione ceca, conservata dal Narodny Filmovy Archiv (lunga 1703m e stampata dal negativo B del film). I titoli di testa sono stati ricostruiti. La lunghezza della copia attuale è 1923m (secondo il visto di censura tedesco il film misurava nella versione senza titoli 2002 m).