L’AUVERGNE PITTORESQUE

P.: Lux L.: 88m, D.: 5’, col., 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dove abitano i Tuareg? Ovviamente nel Bois de Boulogne (Chez les Touaregs, 1908), ed insieme a loro sono accampate, fra cammelli e dromedari, altre famiglie provenienti dai quattro angoli del mondo. Sono i “circhi dei popoli”, serragli di uomini non dissimili dal “Circo del West” di Buffalo Bill; tutte forme di spettacolo che portano davanti ad un pubblico entusiasta quei popoli che, come gli indiani d’America, non costituiscono più un pericolo per gli eserciti colonizzatori. Mentre le enciclopedie e le riviste dedicate alla geografia e alle scoperte geografiche si riempiono di “tipici volti di indigeni”, il cinema non manca di inseguire questa forma di “meraviglia”, inseguendo anch’esso l’esotismo dei volti, senza disdegnare però una forma di esotismo “casalingo”, in un mondo nel quale – soprattutto per il pubblico proletario dei cinematografi – pochi chilometri sono un altro mondo. Ecco allora L’Auvergne pitoresque o Casalmaggiore, luoghi distanti poche decine di chilometri dal pubblico a cui erano destinati, e i cui modi della rappresentazione sono assolutamente identici a quelli di Tirailleurs anamites o di Minah fait son marché, raro esempio di tentativo di trasposizione di un genere – la comica – in un contesto coloniale.

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