MISSION TO MOSCOW

Michael Curtiz

Sc.: Howard Koch dal libro di Joseph E. Davies. F.:Bert Glennon. M.:Owen Marks, Don Siegel, James Leicester. In.: Walter Huston, Ann Harding, Oskar Homolka, Eleanor Parker, George Tobias, P.: Warner Brothers. D.: 118’. 35mm. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Secondo i fratelli Warner fu lo stesso Roosevelt a convincerli a trarre un film dalle memorie di Joseph E.Davies, ex-ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Secondo Davies, invece, fu lui a rivolgersi ai Harry Warner, su consiglio del Presidente. Forse nessuna delle due versioni è vera. Di certo il governo americano doveva dare una nuova, positiva immagine del suo nuovo alleato. Dopo vari tentativi (Robert Sherwood, Erskine Caldwell), la sceneggiatura fu affidata a Edward Koch, che insieme a Curtiz aveva già firmato Casablanca. Si riunì un cast eccellente e numerosissimo, e il risultato finale fu Mission to Moscow, senza dubbio il migliore e il più smaccato film sulla “Russia buona” che Hollywood abbia mai prodotto.

Il film è narrato, interpretato, fotografato, montato, in maniera esemplare. Se non fosse che è tutto falso. Mission to Moscow è un capolavoro della propaganda, degno di essere visto insieme ai migliori film stalinisti. La sua sfacciataggine arriva al punto di sposare la versione di Stalin sulle purghe del 1937-38: Bucharin, Yagoda, Sokolnikov, Trotzky erano spie e sabotatori tedeschi!

Infine, uno strano destino toccò a questo film voluto dal Presidente degli Stati Uniti: a guerra finita fu messo sotto accusa dalla Commissione per le attività anti-americane, creando non poco imbarazzo nei poveri fratelli Warner. Da allora, si può dire che sia sparito dagli schermi di tutto il mondo. Tranne forse, da quelli dell’URSS.

“Il film ha un approccio al cinema così coraggiosamente diverso (un’avventura per la quale la Warner Brothers merita il più grande apprezzamento) che è difficile recensirlo come un film normale. È veramente un documentario, il primo tentativo di Hollywood di occuparsi di storia contemporanea. […] Vi sono molte scene che sottolineano aspetti particolari della vicenda, ma la più interessante e controversa è quella che riproduce i processi delle “purghe” del 1937. […] Queste confessioni rivelano che con l’aiuto di Trotzky, gli accusati avevano cospirato con la Germania e il Giappone per sabotare la preparazione bellica sovietica […] Il film sposa la tesi che le purghe dei traditori del 1937 hanno permesso che le Nazioni Unite avessero, nel 1943, un alleato forte sul fronte orientale”. (Variety, 5/5/1943)

“…non era solo uno spostamento di accento, […] ma un cambiamento di scena radicale, nel quale Stalin diventava lo “zio Joe” e l’agricoltura collettiva una fonte di felicità. Non c’è quasi bisogno che mi soffermi sui personaggi e le situazioni di Mission to Moscow, The North Star, e così via. […] La cosa sorprendente è la loro nessuna preoccupazione per la coerenza: idoleggiavano ciò che era stato condannato in tempo di pace, o gli facevano l’occhiolino senza nessuna vergogna. In questo suo corteggiare la Russia per motivi di interesse patrio, Hollywood metteva da parte quella norma che altrimenti sempre la guida, e che consiste nel non toccare argomenti controversi. L’opposizione al regime sovietico era un fattore troppo stabile della opinione pubblica americana perché le necessità della guerra lo potesse eliminare. Benché soggiogata, essa covava sotto la cenere. Questo spiega le critiche che vennero fatte in particolare a Mission to Moscow” (da un saggio di Siegfried Kracauer apparso sulla rivista Public Opinion Quarterly, Vol. XIII, n.1, 1949 e pubblicato in traduzione italiana su Bianco e Nero, Anno X, n.12, dicembre 1949)

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