THE ARROW OF DEFIANCE

Dark Buffalo ou la Flèche du défi. P.: Pathé Exchange. 35mm. L.: 249m. D.:10’ a 20 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

The Arrow of Defiance è la storia di uno degli scontri fra gli indiani, cacciatori nomadi, e i contadini sedentari, protetti dall’esercito. Il capitano Stewart, arrivato al galoppo, si piazza sulla collina da cui domina l’accampamento indiano – a malapena una dozzina di tende sparse per la vallata. Dalla prima inquadratura non pare che ci sia alcun dubbio sull’esito del combattimento finale. L’autorità, d’ora in poi, si nasconde dentro un forte; le dimensioni restano modeste e i soldati dormono ancora sotto la tenda, ma la bandiera americana, che sventola sopra di loro, è orgogliosamente inquadrata. I destini individuali si affacciano dietro all’avventura collettiva, e il film tratta i nemici con l’imparzialità di un reportage sulla frontiera. Per una volta, anche il Bulletin Pathé ha la sobrietà di un dispaccio d’agenzia. Il ricorso al dettaglio realistico arricchisce costantemente l’immagine e giustifica il rallentamento momentaneo dell’azione: Buffalo Scuro non è in grado di decifrare l’ordine di espulsione, ed è il soldato yankee che glielo legge. Il ritmo degli inseguimenti beneficia dell’abilità delle comparse, che saltano a terra e fanno stendere i loro cavalli per servirsene come scudo con la maestria di autentici soldati di cavalleria. Nella sua fretta, la messa in scena presenta nella stessa inquadratura, azioni parallele. Inoltre contravviene alla regola, appena fissata, che prevede l’evidenziazione, in primo piano, dell’avvenimento drammatico essenziale e la disposizione sullo sfondo degli avvenimenti secondari. L’incendio di una fattoria da parte degli indiani diventa un fumo lontano circondato da silhouettes appena identificabili, nella parte alta dell’inquadratura, mentre di fronte a noi, le donne della tribù si fermano a guardare, sorta di doppio dello spettatore”.

(Claudine Kaufmann, Le silence sied à l’Indien, Cinémathèque, n. 12, 1997)

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