NJU
R.: Paul Czinner. In.: Elisabeth Bergner, Emil Jannings, Conrad Veidt, Migo Bard, Nils Edwall, Aenne Rottgen, Margarete Kupfer, Karl Platen, Max Kronert, Walter Werner, Grete Lund, Maria Forescu. 35mm. L.: 1611m. D.: 80’ a 18 f/s.
Scheda Film
“La carica dell’attrice Elisabeth Bergner, quella carica che diede luogo alla leggenda si dispiegò sulla scena. Qui nacque la fama che ben presto si tradusse e cristallizzò nel concetto ‘la Bergner’. […] Dopo la Duse e Sarah Bernhardt ella ha suscitato come ultima artista della scena un entusiamo che le sopravvive e la cui eco non si è spenta ancora oggi. Ma di come si esercitasse sul pubblico il suo straordinario ascendente si conservano solo vaghe testimonianze. In luogo di annotazioni tecniche ci troviamo di fronte alla leggenda e al mito che affondano le proprie radici nel qui e ora dell’evento e risultano refrattari a ogni possibile contestazione o revisione. La natura della leggenda o del mito è di tutt’altra testura rispetto a quella della celebrità mondiale delle grandi star del cinema. Quanto fosse divina la Garbo o come possa ancora esserlo ai nostri occhi, lo si può desumere oggettivamente dal materiale filmico. E non dobbiamo almanaccare a lungo per capire da che cosa nel 1930 i tardo-borghesi fossero affascinati e colpiti come da uno shock nella Lola Lola di Marlene Dietrich. I mostri sacri assurti a favola e leggenda nella storia del teatro non sono più possibili nella storia del cinema. Qui si rimane nel campo del fenomeno storico.
In una zona intermedia tra l’una e l’altra tradizione si situa l’attrice cinematografica Elisabeth Bergner. È possibile accostarsi a lei e coglierla tangibilmente, sulla base della documentazione esistente, e tuttavia ella non cessa di essere un mito. Può essere che la sua aureola si sia dissolta davanti alla macchina da presa e tuttavia è rimasta intatta. Quando ci si avvicina ai film della Bergner bisogna fare i conti con questa situazione complicata, inafferrabile con un approccio di tipo critico […].
Nel decennio tra il 1923 e il 1933 quando a Berlino assurse ad astro di prima grandezza calcando il palcoscenico del Reinhardt-Theater, Elisabeth Bergner partecipò a sette film. Il regista Paul Czinner approntò per lei i copioni ed ella si calò nei ruoli che egli aveva creato a sua immagine e in base ai desiderata di lei. Quanto più a lungo questo connubio si prolungò, tanto meno i critici lo trovarono adeguato alla grandezza dell’attrice. ‘Questo molesto e assurdo abbinamento deve avere fine e a Czinner va ritirata la licenza’, affermò Rudolf Arnheim sulla Weltbühne dopo la prima del film Fräulein Else [La signorina Else].
Esteriormente Paul Czinner poteva sembrare il padre della protagonista e in tutti i film la circondò di una pletora di figure paterne o possessive. Affidando la delicata creatura alla custodia di maschi imponenti o consegnandola alla loro violenza, egli ne esaltava oltre ogni dire la fragilità. L’effetto commovente aveva peraltro anche un rovescio brutale. La serie delle produzioni Czinner-Bergner ebbe inizio con Nju, lo studio su ‘una donna incompresa’. (Sybille Wirsing, Noras kleine Schwester, in Helga Belach (Hg.), Elisabeth Bergner, 1983)