CARMEN

Jacques Feyder

Sc.: J. Feyder, dal racconto omonimo di Prosper Mérimée. F.: Maurice Desfassiaux, Paul Parguel. Scgf.: Lazare Meerson. In.: Raquel Meller (Carmen), Louis Lerch (Don José), Charles Barrois, Luis Buñuel, Andrée Canti, Gaston Modot, Jean Murat, Victor Vina. P.: Films Albatros. 35mm. L.: 3824 m. D.: 163′ a 20 f/s. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Questa copia è stata restaurata nel 2001 dalla Cinémathèque Française a partire da un negativo nitrato proveniente dalle sue collezioni. Il materiale originale nitrato era privo di intertitoli. Nel 1985, è stato effettuato un primo intervento riguardante soprattutto la ricostruzione degli intertitoli a partire da una copia safety esistente. Gli intertitoli sono stati poi utilizzati nel restauro portato a termine nel 2001. Per la riproduzione delle colorazioni si è fatto riferimento a una copia nitrato anch’essa appartenente alle collezione della Cinémathèque Française.

Carmen va visto almeno due volte, perché solo quando ci si è liberati dell’interesse per il dramma si possono ammirare a piacimento tutta la bellezza di quest’opera, da lodare nella sua interezza. Solo quando si riesce a staccare gli occhi dalla recitazione degli artisti, quando il cuore non è più stretto dalle situazioni strazianti, sarà possibile analizzare il talento e l’arte contenuti in Carmen, dal punto di vista della pura messa in scena, dell’illuminazione, della fotografia. Dalla nascita del cinematografo, abbiamo già potuto applaudire molte belle cose, ma non credo sia mai stato possibile vedere qualcosa di più riuscito degli effetti notturni e degli studi di luce per l’accampamento montano dei contrabbandieri, la strada in cui si trova la taverna di Lillas Pastia, la Porte des Capucins in cui José monta la guardia.

Jean de Mirbel, Cinémagazine, 49, 1926

 

Donna affascinante, di una bellezza calda e seducente, due occhi nerissimi, una bocca voluttuosa, ma soprattutto una voce carezzevole e al tempo stesso densa e sensuale, Raquel non poteva essere trascurata dal cinema. Il primo film lo girò in Spagna, Los Arlequinos de seda y oro (1919), un’opera in tre parti che negli anni a venire fu rimaneggiata e ripresentata in un unicum con il titolo La gitana blanca, ma fu essenzialmente la Francia che, nel corso degli anni Venti, la volle protagonista di una serie di film costruiti appositamente su di lei. Ed è perlomeno singolare il caso di un’artista il cui pregio maggiore è la voce e che diviene interprete di film in cui la voce non può udirsi. Ma tant’è, il richiamo del nome di Raquel Meller spinse i produttori francesi a realizzare delle opere costose (poi confermatesi redditizie) come Violettes imperiales (1922) di cui interpreterà, con lo stesso regista Henri Roussell,  un remake sonoro dieci anni dopo, La Terre promise (1924), Ronde de nuit (1925) e,  per la regia di Jacques Feyder, una versione della Carmen (1926), in cui, scapricciandosi da vera diva, la Meller ridisegnava completamente il personaggio di Merimée e ne faceva una povera vittima, preda dei cattivi Don José, Garcia e  Lucas il torero.“On ne m’a pas demandé de faire un film sur Carmen avec Raquel Meller, mais de faire avec Raquel Meller quelque chose sur Carmen”. Così dichiarava Feyder su La Revue du Cinéma (1930), ancora col dente avvelenato per i capricci e le stravaganze della focosa spagnola.

Vittorio Martinelli, in Le dive del silenzio, Recco, Le Mani, 2001

 

Copia proveniente da