Un Testamento Originale

Giovanni Vitrotti

Prod.: S.A. Ambrosio; 35mm. L.: 160 M. D.: 9′ A 16 F/S. Col.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Era un concorrente eccezionalmente forte che si accampava di fronte alla Francia, che a quel tempo conservava quasi in esclu­siva l’industria da lei stessa creata.” (“Ciné-Journal”, 1911) Il rispetto con cui Victorin Jasset ricorda l’arrembante esordio del­la cinematografia italiana sui mercati internazionali è del tutto giu­stificato: fin dai primi anni di attività le maggiori case della peni­sola lanciano la sfida alle più blasonate concorrenti francesi sen­za timori reverenziali. In particolare nel 1907 il panorama produt­tivo italiano si arricchisce di nuovi soggetti imprenditoriali (tra cui la Società F.lli Pineschi, l’Aquila Films, la Carlo Rossi & C.) che affiancano la Cines e l’Ambrosio in una aggressiva politica di esportazione. È una lotta impari in cui le case italiane devono rivaleggiare non solo con i colossi della Star, della Gaumont e dell’onnipotente Pathé, ma anche con neonate realtà produttive (Eclipse, Lux ed Eclair), all’esordio proprio tra il 1906 e 1907, che, al pari dei competitori italiani, aggrediscono fin da subito i mer­cati internazionali. In questa guerra di posizione le società italia­ne, senza alcuna remora sciovinista e secondo le proprie possi­bilità, tentano di conformarsi proprio a quel modello francese fino allora dimostratosi vincente, e così prendono a imitare le case transalpine (…soprattutto la Pathé) nella selezione dei soggetti, nelle modalità di realizzazione, nelle strategie di vendita. La disputa commerciale si acuisce ulteriormente per le dirette inge­renze delle Case italiane nell’ambito produttivo francese: “Ci onoriamo partecipare ai nostri clienti che abbiamo affidata la direzio­ne artistica del nostro teatro di posa al sig. Gaston Velle già del­la compagnia di Cinematografi Pathé Frères di Parigi”. Con que­ste parole Adolfo Pouchain, amministratore unico della Cines, aveva inaugurato nel 1906 una consuetudine che sarebbe conti­nuata negli anni a seguire: nel 1907 altri dirigenti italiani, consa­pevoli della superiorità professionale delle maestranze francesi e incuranti delle reazioni della potente casa di Vincennes, continua­no la spregiudicata campagna di assunzioni: la Carlo Rossi & C. strappa alla Pathé Charles Lépine, che sbarca a Torino con gli operatori Raul Compte e Georges Caillaud, mentre l’Ambrosio si assicura le prestazioni di due prestigiosi tecnici come Eugène Planchat e Ernesto Zolligher, entrambi figure di primo piano del­la stessa Pathé Frères. In quest’ottica di acquisizione di compe­tenze dalla Francia, la Cines nel 1907 incrementa ulteriormente le proprie potenzialità industriali assicurandosi la tecnologia per la produzione di pellicola vergine dalla Societé Anonyme des Celluloses Planchon. Il processo di imitazione/sottrazione messo in atto dalle case italiane darà i suoi frutti, a danno soprattutto di quella cinematografia francese assunta provvidamente quale esempio referenziale: un terzo dei 115 film a soggetto prodotti in Italia nel 1907 verrà distribuito anche all’estero e almeno la metà delle pellicole esportate raggiungerà gli schermi di Francia. Come ci ricorda di nuovo Jasset: “L’Italia divenne per noi [france­si] una concorrente tra le più temibili”. In verità l’inaspettata cre­scita della cinematografia italiana mostrerà ben presto limiti strut­turali e carenze organizzative, ma nel 1907 l’ascesa pare costan­te e inarrestabile. L’obiettivo è in vista: la conquista dei mercati del mondo al grido di “Viva l’Italia” – o meglio – “Vive l’Italie!”.

Giovanni Lasi

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