Omaggio a Harry Baur
“Ho sempre provato la più viva simpatia per le persone dal brutto carattere. Forse la stessa cosa valeva per Harry Baur. D’altronde, se si amava il mestiere, non si poteva non amare Harry Baur. La sua intelligenza era grande, penetrante. La sua cultura non era mai in difetto. Aveva un ammirevole senso del teatro. Le sue osservazioni, i suoi giudizi, le sue critiche erano sempre pertinenti. […] Baur mi ha sempre sorpreso. Aveva degli accenti inattesi, delle espressioni di un’assoluta originalità. In Pel di carota, il ruolo di Lepic gli valse un meritato successo. Fu anche uno dei primi ad incarnare il commissario Maigret di Simenon sullo schermo. Baur e la sua pipa furono veramente Maigret, come fu David Golder, come fu Lepic… Era sempre Harry Baur ma era anche, e in maniera sorprendente, il personaggio della storia”. Così Julien Duvivier, che lo diresse in sette film, ricordava nel 1953 Harry Baur, dotato di una corporatura mastodontica che anche nell’immobilità emanava un magnetismo ineffabile e di una maschera espressiva che poteva suggerire bonomia, minaccia, durezza, astuzia volpina o violenza con un minimo mutamento di sguardo.
Alsaziano, nato il 12 aprile 1880 a Parigi, dominò presto da mattatore i palcoscenici della Comédie Mondaine, del Grand Guignol, del Palais-Royal, del Théâtre Michel etc. La sua carriera cinematografica iniziò nel 1908 con Victorin-Hippolyte Jasset, poi affiancò Sarah Bernhardt in La Voyante (1923), ma divenne famoso soprattutto incarnando Maigret, Jean Valjean, Erode, Beethoven, Volpone, Rasputin, Taras Bulba e fu diretto, fra gli al- tri, da Pierre Chenal, Raymond Bernard, Maurice Tourneur, Abel Gance, Christian-Jacque, Marcel L’Herbier, Jacques de Baroncelli. Durante l’Occupazione rimase in Francia ma fu accusato di essere ebreo da “Je suis partout”. Si difese, andò in Germania a girare un film ma nel maggio 1942 fu arrestato e torturato per quattro mesi dalla Gestapo. Ne uscì ridotto l’ombra di se stesso e morì l’8 aprile 1943.
Roberto Chiesi