APOCALYPSE NOW REDUX

Francis Ford Coppola

Sog.: dal romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Scen.: John Milius, Francis Coppola. F.: Vittorio Storaro. M.: Lisa Fruchtman, Gerald B. Greenberg, Richard Marks, Walter Murch. Scgf.: Dean Tavoularis. Angelo Graham. Mus.: Carmine Coppola, Francis Ford Coppola. Int.: Marlon Brando (colonnello Kurtz), Robert Duvall (tenente colonnello Kilgore), Martin Sheen (capitano Willard), Frederic Forrest (Chef), Albert Hall (Chief Phillips), Sam Bottoms (Lance), Laurence Fishburne (Clean), Dennis Hopper (fotoreporter), G.D. Spradlin (generale Corman), Harrison Ford (colonnello Lucas), Scott Glenn (tenente Colby). Prod.: Francis Ford Coppola per Omni Zoetrope. 35mm. D.: 195’.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Come molti dei migliori film di Coppola – La conversazione, la trilogia del Padrino, Dracula di Bram Stoker – Apocalypse Now è a un passo dalla grandezza, e se non la raggiunge è proprio perché la cerca con eccessivo fervore. Mi sembra che funzioni soprattutto come serie di pezzi forti eseguiti magistralmente e racchiusi da una certa dose di assurdità pretenziose, che possiamo in parte rintracciare nel romanzo breve di Joseph Conrad Cuore di tenebra, il punto di partenza del film, e da un’intensa voce narrante su testo scritto da Michael Herr, il cui libro Dispacci offriva squarci autentici su una guerra vista con occhi americani. Direi che molte delle assurdità derivano dal fatto che Coppola, come ammise spesso all’epoca, non capì mai esattamente cosa intendesse esprimere. Il suo dubbio permanente è anzi il principale elemento della saga celebrata nel film: la Passione dell’Artista, a chiare lettere, che qui sembra molto più importante della sofferenza e della morte nel Mar Cinese Meridionale di centinaia di migliaia di contadini (e soldati americani) privi di nome e di volto.
Ciò nonostante, il film di Coppola è una presa di posizione autenticamente progressista contro l’intervento degli Stati Uniti in Vietnam e gli eccessi che ne derivarono. Con tutti i suoi limiti, Apocalypse Now è probabilmente il miglior film americano ad alto budget e di aperta denuncia realizzato negli anni Settanta sulla guerra del Vietnam, e resta da chiedersi se da allora questo sottogenere abbia visto molto di meglio. Platoon è chiaramente più autentico, e Full Metal Jacket nei suoi momenti migliori riesce a tirar fuori concetti più profondi sulla guerra, ma né l’uno né l’altro si avvicinano all’esperienza totale di follia e di sovraccarico sensoriale che il film di Coppola fornisce così ampiamente. Basti pensare alla sinestesia della sequenza d’apertura, un sogno febbricitante in cui suoni e colori si sovrappongono, dove il rumore delle pale degli elicotteri e quello di un ventilatore a soffitto si mescolano con le chiazze crepitanti di giallo, arancione e rosso sulle più cupe tonalità verdi e marroni della giungla a comporre le visioni da incubo del protagonista.

Jonathan Rosenbaum

L’interpretazione di Brando diventa quasi astratta, un cranio nudo, occhi malati che forano lo schermo, “un corpo da toro, ma da toro che sa che i suoi giorni sono contati”, movimenti lenti e stremati, una voce. Quella voce che ha ossessionato tutto il viaggio e che dirà ora le sue battute più ambigue e più folli, la sua filosofia dell’uomo e del male, oltre ogni epoca e tempo storici, lentamente e implacabilmente, monotonamente, col suo caratteristico modo di sussurrare. Inquadrato spesso in primi o primissimi piani, il cranio rasato che nel buio catalizza la luce e fa pensare a una qualche grottesca scultura di un dio delle caverne, solo raramente a figura intera, oscura massiccia minacciosa conturbante presenza anch’esso, in qualche modo ‘elegante’, è tuttavia sulla sua voce che Coppola concentra la nostra attenzione, e sulla bocca che la emette, oscuro oracolo primigenio.
I generali hanno mostrato a Willard alcune foto di Kurtz in divisa. Sembrano foto di Uomini, di Riflessi in un occhio d’oro (e forse lo sono). Non somigliano al Kurtz che poi vedremo. La metamorfosi è compiuta, dall’ingenua fiducia nella storia alla scoperta delle profondità nascoste del proprio essere fino alla coscienza malata del male e dell’orrore. “The horror!” sono le ultime parole che Kurtz pronuncia nel libro e nel film. Quale che sia il nostro giudizio sul film e sull’attore, chi altri se non Brando, col peso delle sue immagini passate, avrebbe potuto essere Kurtz sullo schermo?

Goffredo Fofi

Copia proveniente da

Per concessione di Park Circus.
Copia originale 35mm Technicolor