LA MACCHINA AMMAZZACATTIVI
Sog.: Eduardo De Filippo, Filippo Sarazani; Scen., Dial.: Sergio Amidei, Giancarlo Vigorelli, Franco Brusati, Liana Ferri, Roberto Rossellini; F.: Enrico Betti Berutti, Tino Santoni; Mo.: Jolanda Benvenuti; Eff. spec.: Eugenio Bava; Mu.: Renzo Rossellini; Su.: Mario Amari; Ass. regia.: Massimo Mida, Renzo Avanzo; Int.: Gennaro Pisano (Celestino Esposito), Marilyn Buferd (turista americana), William Tubbs (turista americano), Helen Tubbs (turista americana), Giovanni Amato (il sindaco), Clara Bindi (Giulietta Del Bello), Joe Falletta (Joe), Giacomo Furia (Romano Cuccurullo), Camillo Buonanni, Pietro Carloni; Prod.: Roberto Rossellini e Luigi Rove-re per Universalia Film, Tevere Film; Pri. pro.: 14 maggio 1952
DCP. D.: 80′. Bn
Scheda Film
La macchina ammazzacattivi è forse il più strano di tutti i film di Rossellini. È anche un’opera di superlativa originalità, che mostra tra l’altro come un grande film possa essere veloce come il lampo d’un pensiero – buona prova del suo essere non meno importante dei capolavori canonici tra i quali cronologicamente si situa. È certamente il meno conosciuto tra i film del periodo d’oro di Rossellini – così poco conosciuto che persino un fine connoisseur del cinema europeo come Herman G. Weinberg poteva parlarne, ancora negli anni Settanta e sulle pagine di “Sight and Sound”, come di un film perduto. Inoltre, appartiene al ‘genere’ meno considerato della produzione rosselliniana. Tutti sappiamo del suo ‘periodo fascista’, dei capolavori neorealisti, dei film intimisti (l’epoca Bergman), persino del neorealismo storico – ma quando mai abbiamo letto qualcosa di rilevante su Rossellini acuto e brillante umorista? Forse è la natura stessa dell’umorismo rosselliniano a motivare il silenzio. Si tratta di un umorismo inscindibile dal particolare senso dell’aneddoto proprio di questo autore – quel senso che rende L’invidia o Il generale Della Rovere film così riusciti. Ma si tratta anche – e anche questo in piena coerenza con la personalità di Rossellini – di qualcosa che coincide con la saggezza, con una personale filosofia, in modo non diverso dalle dinamiche ‘filosofiche’ che muovono film come I dimenticati o Un re a New York – e io ho la forte sensazione che Preston Sturges e il vecchio Chaplin siano anime gemelle del regista di La macchina ammazzacattivi. […] La macchina ammazzacattivi è un film che porta in sé vari temi rosselliniani, ma con una differenza: la miscela di fantasia e di un assoluto, ossessivo realismo documentario è qui qualcosa di inatteso e stravagante – ai limiti della follia. Il film è tutto nella sua regia, nell’idea stessa di camera, eppure ne è anche all’opposto: non si cura del rispetto delle tecniche tradizionali, quasi fosse un film di famiglia. Ancora un esempio: l’uso strabiliante degli attori non professionisti, e allo stesso tempo l’apparente noncuranza riguardo alla recitazione – come se la cosa non potesse interessargli di meno. Rossellini afferra cose miracolosamente profetiche del futuro del cinema, nel campo sia della finzione sia del documentario. Il film comincia con immagini di miniature e marionette. Un mondo immobile che (ri)prende vita. I fatti hanno luogo nell’Italia postbellica, dove un americano arriva con l’intenzione di costruire un hotel. Secondo le sue previsioni, circa due milioni di americani non desiderano che tornare qui, a rinfrescare la memoria sui luoghi del loro recente passato di soldati. L’hotel sarà un affare di sicuro successo. La macchina ammazzacattivi potrebbe essere il primo film che riflette sul Piano Marshall, al pari di un altro capolavoro qual è Giorno di festa di Tati. Benvenuto Mr. Marshall di Berlanga o Un americano a Roma di Steno sono importanti, ma il film di Rossellini rimane per me il più grande (e il meno visto). Ciò ha molto a che fare con la profonda originalità della sceneggiatura, con una drammaturgia che ha la grazia di uno strano sogno. Pur se tutto ciò che accade appartiene alla vita quotidiana… Rossellini coglie quell’alleanza tutt’altro che santa tra americani e italiani, una farsa familiare e paesana piena di magnifici personaggi da repertorio: mezzi santi e mezzi folli, gente piena di odio verso i burocrati.
(Peter von Bagh, “Filmihullu”, 1994)
Restaurato da L'Immagine Ritrovata.
Il restauro digitale è stato realizzato a partire da un Lavander e un controtipo sonoro combinati conservati presso Cinecittà Studios, scansionati a una risoluzione di 2K. La posa ha cercato di restituire la lucentezza e la ricchezza della fotografia originale. Per il suono, si è potuta effettuare la pulizia digitale e la riduzione dei rumori di fondo causati dall'usura del tempo, mantenendo però la dinamica e le particolarità del suono originale.